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Case in prestito ai parenti, lo sconto Imu-Tasi del 50% e le…

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Case in prestito ai parenti, lo sconto Imu-Tasi del 50% e le delibere locali: le regole nei capoluoghi

Un’agevolazione su Imu e Tasi che potrebbe offrire un ulteriore risparmio a quanti concedono una casa in prestito ai parenti. Ma che potrebbe d’altra parte penalizzare molti proprietari, che per quest’anno corrono il rischio di pagare un’imposta più alta rispetto a quella versata per il 2015. Il paradosso deriva dall'intreccio tra il nuovo beneficio statale e le scelte effettuate dai singoli Comuni. La legge di Stabilità (208/2015, articolo 1, comma 10) ha introdotto uno sconto del 50% su Imu e Tasi per l'abitazione non di pregio (escluse quindi le categorie A/1, A/8, A/9) concessa in comodato gratuito a parenti entro il primo grado (padri e figli) che la usano come abitazione principale.

Il comodato deve però essere registrato (ed entro il 30 giugno 2017 va presentata la dichiarazione Imu). Ma soprattutto – condizione più stringente – il proprietario deve avere residenza e dimora nello stesso Comune della casa data in prestito e, oltre questa, può possedere (sempre nello stesso Comune) solo un altro immobile, non di pregio e adibito ad abitazione principale (anche se può comunque avere altri immobili non abitativi). Secondo le stime del Sole 24 Ore su dati del Caf Acli, su tre contribuenti che hanno concesso almeno un immobile in prestito, due hanno anche i requisiti per lo sconto del 50 per cento.

Bisogna però considerare che per un'agevolazione che arriva, un'altra viene spazzata via. È vero infatti che lo sconto “nazionale” offre una concreta spinta al risparmio sui tributi, ma la legge cancella allo stesso tempo la generale possibilità di assimilare alle abitazioni principali le case date in prestito a parenti in primo grado (solo per i primi 500 euro di rendita e purché l'Isee del comodatario non fosse superiore a 15mila euro, prevedeva la regola). La scelta dell'assimilazione è stata compiuta nel 2015 da circa 1.700 sindaci. Il risultato di questo incrocio? Dove è decaduta la parificazione, in molti casi rimangono in piedi le altre aliquote agevolate eventualmente stabilite dal Comune. Così qualche proprietario potrebbe arrivare a sommare il beneficio all'ulteriore sconto del 50% della base imponibile. O scoprire di aver diritto a una nuova aliquota comunale di favore (con o senza nuovo sconto). Ma qualcun altro potrebbe invece ritrovarsi senza aliquote agevolate né la possibilità di usufruire del taglio al 50 per cento. Tutto dipende dunque dalle scelte dei Comuni, molti dei quali non hanno approvato le delibere relative al 2016 e non hanno dunque accolto le ultime novità, lasciando intatto il panorama dei benefici disegnato negli anni scorsi.

L'intreccio è complesso e va osservato caso per caso, tenendo presente che su tutti i capoluoghi di provincia ben 41 hanno applicato una tassazione agevolata per Imu e Tasi a questa tipologia di immobili. In tale quadro, vengono alla luce alcuni paradossi. Come a Genova, dove fino al 2015 vigeva un doppio regime (esenzione per assimilazione per gli immobili concessi a famiglie con Isee sotto i 15mila euro e aliquota agevolata per quelli in mano a nuclei con redditi superiori): caduta l'assimilazione, i comodati più “svantaggiati” tornano a pagare pienamente, mentre quelli con redditi Isee più alti fruiscono dell'agevolazione comunale (aliquota al 9,6). Di tale paradosso si sono accorti altri Comuni, come Aosta, che ha deciso di introdurre nel 2016 un'aliquota ridotta al 4,6 per mille per gli immobili per i quali è scomparsa l'assimilazione (perché «la nuova disciplina risulta assai penalizzante per i contribuenti», si legge nella delibera).

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