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Affitti «concordati» in crescita nel 2015

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IMMOBILI

Affitti «concordati» in crescita nel 2015

(Fotogramma)
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Il canone «concordato» avanza: complici la tassazione ridottissima (aliquota speciale del 10 per cento), la durata un po’ più breve (3 anni più 2 di rinnovo aut0matico alla prima scadenza contro il 4+4 del contratto a libero mercato) e, soprattutto, che in questi ultimi anni le soglie si sono un poco alzate, rendendoli più appetibili per i proprietari.
A suscitare interesse sulla formula contrattuale (che esiste dal dicembre 1998) è
un’indagine di Solo Affitti, il franchising di agenzie immobiliari dedicate alle locazioni.
Per Solo Affitti il canone concordato cresce dal 37,1% del 2014 al 53,5% del 2015, con punte vicine alla quasi totalità dei contratti di affitto stipulati (evidentemente presso le agenzie del network) a Grosseto, Bolzano, Asti e Forlì.
Ricordiamo, tra l’altro, che i contratti a canone “concordato” possono essere stiuplati solo nei Comuni delle 11 aree metropolitane, nei comuni capoluogo di provincia e nei comuni ad alta densità abitativa.
«Il contratto d'affitto con canone concordato – spiega Silvia Spronelli, presidente di Solo Affitti - si sta facendo sempre più strada in Italia contribuendo a disincentivare i contratti in nero grazie ai risparmi consistenti per inquilini e proprietari. I primi pagano un affitto inferiore a quello di mercato e usufruiscono di detrazioni fiscali ai fini Irpef nel caso in cui l'immobile diventi residenza principale. I proprietari beneficiano di agevolazioni fiscali utilizzando la cedolare secca al 10% anziché quella al 21% prevista per i canoni liberi».

Secondo Solo Affitti il canone concordato cresce nel Centro e Nord Italia. Alte percentuali d’impiego si registrano anche in altre città dell’Emilia-Romagna, come Reggio Emilia, Modena e Ferrara (90% ciascuna), Ravenna (85%) e Rimini (80%). Il dato cala lievemente a Firenze e Pescara (75%) mentre nella Capitale risulta pari al 71%. Le prime città del Sud Italia per utilizzo del canone concordato sono Barletta (70%) e Catania (68%) mentre a Catanzaro (40%), Bari (30%), Lecce e Trapani (20% ciascuna) questa tipologia di contratto stenta ancora a decollare. A Milano, Napoli e Vercelli il recente rinnovo degli accordi territoriali, dopo quasi 20 anni, ha riaperto la possibilità per i locatori di utilizzare il canone concordato. Nel capoluogo partenopeo si arriva al 15% dei casi, nel vercellese al 10% e stenta ancora a Milano, dove, nonostante pochi mesi fa le soglie meassime delle «facse di oscillazione» dei canoni concordati sono state riviste al rialzo, non si va oltre il 5 per cento.

Posto che i dati sono evidentemente parziali, dato che provengono da una rete in franchising (che comunque è abbastanza diffusa in tutta Italia) per il Sunia (sindacato inquilini) «desta qualche perplessità lo studio pubblicato dal network immobiliare “Soloaffitti” sul presunto boom dei contratti concordati nel nostro Paese. Le percentuali “bulgare” sul numero dei contratti concordati rispetto ai contratti liberi contraddicono infatti i dati presentati qualche giorno fa dall’Osservatorio del Mercato immobiliare dell’agenzia delle Entrate dove, in base ai contratti registrati nel 2015 e non a un campione, si evidenzia che i contratti stipulati con questa fattispecie rappresentano il 20% del totale dei contratti. Anche considerando i soli Comuni ad alta tensione abitativa dove si applicano e le agevolazioni fiscali previste per i concordati, la percentuale
sul totale dei contratti non supera il 30%. Numeri, isomma, ben distanti da quelli forniti da “Soloaffitti”».

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