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Sulla stepchild adoption i tribunali decidono caso per caso

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dopo il sì di torino

Sulla stepchild adoption i tribunali decidono caso per caso

Non sono passate nemmeno 24 ore dalle decisioni della Procura generale della Cassazione che ha criticato i tribunali che hanno riconosciuto la stepchild adoption, e già arrivano due nuove sentenze che consentono a due donne di adottare i figli delle rispettive compagne. Entrambe le pronunce arrivano dalla Corte d’Appello di Torino: i giudici della sezione per i minorenni, con due sentenze distinte, hanno accolto le richieste presentate da due coppie di donne di adottare i figli delle rispettive partner. Secondo i giudici con queste decisioni «si impone, assai semplicemente, la tutela di una situazione di fatto». In particolare, in una delle due sentenze, si fa anche riferimento alla Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui il concetto di vita familiare deve essere «ancorato ai fatti»: per la Cedu l’esistenza di un nucleo familiare «non è subordinata all’accertamento di un determinato status giuridico», ma alla «effettività dei legami».

“Per i giudici di Torino questa decisione «impone, assai semplicemente, la tutela di una situazione di fatto»”

 

I due casi riguardano due coppie di donne omosessuali: nel primo caso una donna ha chiesto e ottenuto di adottare il figlio di cinque anni della compagna che nel 2015 aveva sposato in Islanda. Nel secondo caso, invece, si tratta di due donne, conviventi dal 2007 e sposate in Danimarca nel 2014, che volevano adottare le rispettive figlie.

«Siamo felicissime – ha dichiarato la prima coppia - . Senza questa sentenza il nostro bimbo sarebbe rimasto con un solo genitore. Anche se è il frutto di un progetto di vita comune». «Lo stralcio della Cirinnà - hanno aggiunto - per noi fu un duro colpo ma quella legge non ci avrebbe dato nulla di più e nulla di meno di questa sentenza, anche se, naturalmente, il percorso sarebbe stato più semplice». Il riferimento è alla legge sulle unioni civili e le convivenze di fatto, dalla quale è stata stralciata la parte sulla stepchild adoption, inizialmente

prevista. Nel provvedimento sulle unioni civili, infatti, è stato eliminato ogni riferimento alla filiazione, all’adozione e alle tecniche di procreazione assistita. In particolare, è stato esplicitato che non si applicano alle unioni civili le disposizioni della legge 184/1983 sulle adozioni, compresa la strada dell’adozione «in casi particolari» in cui ricade la stepchild adoption. A parziale compensazione è stata introdotta invece una “clausola di garanzia” con la frase: «Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti». Una soluzione che di fatto salvaguarda la possibilità per le coppie gay di rivolgersi al giudice per chiedere ugualmente la stepchild adoption.

La Corte torinese ha applicato l’articolo 44, lettera d), della legge n. 184 del 1983, che prevede i «casi particolari» in cui l’adozione è possibile, ovvero quando tutela il rapporto che si crea nel momento in cui il minore viene inserito in un nucleo familiare con cui in precedenza ha già sviluppato legami affettivi. «È stata un’interpretazione molto puntuale della legge - ha detto l’avvocato delle due donne Fabio Deorsola - l’articolo 44 è una noma molto duttile, il legislatore trent’anni fa era stato lungimirante». Secondo il legale la sentenza «è un’ottima cosa, perché sgombera il campo da questioni ideologiche, ribadendo che c’è un nucleo familiare».

Quelle di Torino non sono le prime sentenze che consentono l’adozione del figlio del partner omosessuale: a marzo il Tribunale di Roma ha concesso a un uomo di adottare il figlio del partner, concepito all’estero con la tecnica della maternità surrogata. Ad aprile lo stesso Tribunale di Roma ha poi riconosciuto l’adozione «incrociata» di tre figli a due donne.

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