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Meno giovani, più donne: come cambia il mestiere del commercialista

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Meno giovani, più donne: come cambia il mestiere del commercialista

La professione di commercialista perde appeal tra i giovani. Continua, infatti, la diminuzione dei praticanti e degli iscritti all’Albo con meno di 40 anni. Di converso, nell’attività di studio continua la crescita numerica delle donne. Quanto alle forme organizzative, si assiste a un aumento delle società tra professionisti. L’incremento è significativo in termini percentuali anche se in senso assoluto l’esercizio collettivo continua a essere una scelta di nicchia, visto che si passa, tra il 2015 e il 2016, a 282 Stp (+52%). Sono le linee principali che caratterizzano il profilo dei commercialisti, delineato dalla Fondazione nazionale di categoria, presieduta da Giorgio Sganga. Il Rapporto 2016 è stato presentato ieri a Roma nel corso di un convegno, alla presenza del presidente del Consiglio nazionale, Gerardo Longobardi.

L’incontro, cui hanno partecipato anche il sociologo Giuseppe Roma, il vice presidente di Federconsumatori, Sergio Veroli, il direttore generale Confapi, Massimo Maria Amorosini, e della vice presidente del Forum delle famiglie, Emma Ciccarelli, è stata l’occasione per discutere sulla proposta di introdurre il “commercialista di base”, una figura dedicata all’assistenza fiscale dei contribuenti minori, piccoli imprenditori, professionisti e coltivatori diretti. L’ipotesi, cui ha lavorato la Fondazione su impulso di Giorgio Sganga, troverebbe i presupposti giuridici nella Costituzione, nel diritto dei contribuenti di pagare il giusto tributo e nell’obbligo dello Stato di imporre una tassazione commisurata alla capacità contributiva. Il commercialista di base dovrebbe, da un lato, essere l’angelo custode del diritto del contribuente e, dall’altro, essere il promotore della compliance fiscale, visto che proprio nella platea di piccoli imprenditori e autonomi si concentrano il 51% dei controlli e il 44,8% della maggiore imposta accertata (11,3 miliardi su un dichiarato tra i 15 e i 20 miliardi tra dirette e indirette).


Tornando al rapporto, ‎gli iscritti all’Albo aumentano tra il 2015 e il 2016 dell’1% (+2,1% gli iscritti alle Casse di previdenza) mentre i redditi medi (dichiarazioni 2015) sono in calo dell’1,9% a fronte di una crescita nominale del Pil (anno 2014, corrispondente all’anno d’imposta) dello 0,5 per cento. Rispetto al 2007, secondo i calcoli della Fondazione, il reddito medio dei commercialisti è diminuito del 4,2% in termini nominali e del 12,4% in valore reale. La media Irpef per l’anno d’imposta 2014 è di 57.340, mentre il volune d’affari è di 105.833 euro, con una forte differenza tra Nord e Sud (78.006 contro 29.562 di media Irpef), ancora più pronunciata se si considera il Nord Ovest. Per aree geografiche la contrazione dei redditi è stata più pronunciata al Centro (-2,3%). Il reddito risulta in aumento solo in Emilia Romagna mentre in Basilicata si registra la riduzione più elevata, oltre il 5 per cento.

In questo quadro si può spiegare la fuga dei giovani iscritti: i professionisti che hanno fino a 40 anni passano dal 21,2 al 17,6% a vantaggio di quanti hanno fino a 60 anni (che ora sfiorano il 66% contro la quota 2014 del 64,3%). All’inizio di quest’anno i praticanti erano 13.111 con una riduzione di 568 unità.

In lieve crescita le donne che costituiscono il 32% degli iscritti. Per le donne la professione continua ad avere appeal, se non altro per la possibilità di conciliare, faticosamente, famiglia e lavoro.

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