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Giustizia civile in affanno: tre anni per un processo. Carenze di…

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a due anni dall’avvio delle riforme

Giustizia civile in affanno: tre anni per un processo. Carenze di organico

Processi lenti, personale amministrativo a ranghi ridotti, arretrato in calo, ma che resta consistente. A due anni dall’avvio della cura di riforme volute dal ministro Andrea Orlando, lo stato di salute della giustizia civile - pur migliorato - è ancora precario.

A partire dai tempi lunghi, che sono il punto più dolente e gravido di conseguenze: la giustizia lenta drena risorse, scoraggia gli investimenti (soprattutto quelli esteri) e, nei fatti, frena la ripresa.

La durata delle cause

Servono in media quasi tre anni (1.007 giorni per l’esattezza) per chiudere una lite in primo grado, secondo la fotografia scattata dal ministero della Giustizia nei tribunali italiani al 31 dicembre dello scorso anno. Si tratta, appunto, di un dato medio, che sintetizza le performance, molto variabili, delle varie sedi (illustrate nel grafico in pagina): mentre in due tribunali, Rovereto e Napoli Nord (quest’ultimo ha iniziato a funzionare solo a fine 2013), il processo può durare meno di un anno, in altri quattro (Patti, Foggia, Vibo Valentia e Matera) si rischia di uscire dalle aule giudiziarie dopo cinque anni e più.

Attenzione però: questi numeri si riferiscono solo ai procedimenti civili di “contenzioso puro” in tribunale, che sono i più complessi. Sono esclusi i fallimenti e le esecuzioni e le cause non contenziose (come le separazioni consensuali e l’area della volontaria giurisdizione, che comprende, per esempio, le autorizzazioni per gli atti per le persone dichiarate incapaci). In particolare, se si includono nell’analisi le cause non “litigiose”, i tempi scendono: il processo dura in media 478 giorni (un anno e quattro mesi) e guarda da vicino l’obiettivo che il ministro Orlando ha annunciato di voler centrare entro dicembre, ossia chiudere il primo grado in un anno.

I tempi lunghi non sono una prerogrativa dei tribunali: anche nelle corti d’appello le cause civili durano in media due anni e dieci mesi (1.016 giorni al 31 dicembre 2015), mentre in Cassazione si superano i tre anni (1.222 giorni al 31 dicembre 2013).

DURATA MEDIA EFFETTIVA DEI PROCESSI CIVILI IN TRIBUNALE ESPRESSA IN GIORNI
I primi 5 e gli ultimi 5 (Fonte: ministero della Giustizia - Direzione generale di statistica)

Accade sovente, quindi, che le cause superino la “durata ragionevole” di sei anni (tre in primo grado, due in appello e uno in Cassazione), prevista dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e che producano, a loro volta, altro contenzioso per ottenere i rimborsi previsti dalla legge Pinto (89 del 2001); che pure è calato, per effetto degli “argini” messi negli ultimi anni, che hanno reso più oneroso e complesso fare ricorso.

Ma quali sono le ragioni dei processi-lumaca? I magistrati puntano il dito soprattutto contro la mancanza di personale amministrativo, che porta con sé udienze ridotte, notifiche bloccate e sportelli con orari di apertura limitati. In effetti i buchi sono ampi (a fine 2015 il personale era quasi il 20% in meno, ma a metà 2016 la carenza è salita al 21%, come ha spiegato il ministro nei giorni scorsi) e diffusi: solo sei tribunali su 140 hanno le piante organiche complete (anzi, registrano “esuberi”), mentre in 15 sedi le scoperture superano il 30%, con il picco di Bolzano che si avvicina al 50.

A scorrere i dati, però, emerge che non sempre i tribunali con meno personale sono anche i più lenti. Tra le sedi con più scoperture ci sono infatti molti tribunali del Nord – che in passato hanno perso lavoratori, diretti, con le procedure di mobilità interna, verso le regioni d’origine al Sud – che mantengono la durata dei processi sotto la media nazionale.

Le riforme

La buona notizia per la giustizia civile è che l’arretrato continua a calare. Sempre guardando solo al contenzioso puro in tribunale si è passati da 2,4 milioni di processi pendenti nel 2009 a meno di 1,6 milioni a fine 2015. Una riduzione dovuta soprattutto al calo della litigiosità: in alcuni casi dirottata verso la mediazione e le altre procedure alternative di risoluzione delle controversie e in altri fermata dall’aumento dei costi per avviare i processi. A far recuperare efficienza sta iniziando a contribuire anche il processo telematico, partito due anni fa.

Inoltre, il sistema giustizia dovrebbe acquisire forze fresche, dopo vent’anni senza concorsi. La scorsa settimana è stato infatti approvato in commissione Giustizia alla Camera un emendamento (inserito nel decreto legge che proroga il processo amministrativo telematico) che promette l’assunzione di mille nuovi amministrativi, che si aggiungerebbero al personale già approdato nei tribunali con le procedure di mobilità.

Ancora ferma è invece la riforma complessiva della giustizia civile, veicolata dalla legge delega già approvata alla Camera e da marzo in attesa di iniziare l’esame al Senato. Il ministro Orlando punta ad approvarla entro ottobre ma, intanto, una novità che dovrebbe ridurre di molto i tempi del primo grado, vale a dire l’estensione del procedimento sommario di cognizione a tutte le cause in cui il tribunale decide in composizione monocratica, potrebbe trovare una corsia più rapida. Le disposizioni potrebbero infatti essere inserite in un decreto legge che dovrebbe anche ridare fiato alla Cassazione (destinandole 70 giudici in pensione) e che il Consiglio dei ministri dovrebbe approvare entro la pausa estiva.

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