Nessun effetto Brexit, almeno a breve. Così scivola la candidatura di Milano a ospitare una delle 3 sedi principali della nuova Corte Ue in materia di brevetti. «Se Londra, nei prossimi mesi, ratificherà l’accordo per aderire al Tribunale europeo dei brevetti, il nuovo brevetto unitario (Unitary patent) potrà partire nel 2017 e Londra, assieme a Parigi e Monaco di Baviera, resterà una delle sedi principali. Al termine dei negoziati tra Londra e Bruxelles, che dureranno anni, si vedrà».
Per Benoit Battistelli, presidente di Epo (l’ente europeo che rilascia i brevetti), non sono molte le chance per Milano di sostituirsi alla capitale del Regno Unito come sede del tribunale che dovrà dirimere il contenzioso europeo in tema di proprietà intellettuale.
Se Londra esce dalla Ue, come può ospitare la sede di una delle Corti principali del Tribunale europeo per il brevetto unitario?
Innanzitutto, l’accordo sul brevetto unitario non è disciplinato dal diritto europeo ma è un accordo intergovernativo, che va ratificato dai singoli Paesi. Per entrare in vigore, però, deve essere ratificato da 13 Paesi europei, tra cui quelli che hanno depositato più brevetti nell’anno in cui fu sottoscritto, cioè Germania, Francia e Regno Unito. Fino a quando Londra sarà formalmente uno Stato membro della Ue non cambierà nulla. Inoltre, il discrimine vero non è l’appartenenza alla Ue, ma se resterà o meno nel Mercato unico (single market). Se sarà così, non vedo necessità di trasferimento della Corte in un altro Paese. Certo, per partire serve che Londra ratifichi nei prossimi mesi il nuovo Tribunale Ue e credo che sia nel suo interesse farlo.
Quindi, sfuma la candidatura di Milano?
Ripeto. Se e quando il Regno Unito dovesse formalmente lasciare la Ue e il Mercato Unico si possono aprire prospettive anche perchè l’Italia, per numero di brevetti, nella classifica presa come parametro, si collocava in quarta posizione. Oggi l’Italia deve però portare a termine al più presto l’iter di ratifica, che avete già chiuso alla Camera e ora passa al Senato. Penso che, ad oggi, l’Italia dovrebbe decidere di dotarsi di una Corte locale per il contenzioso del brevetto unitario.
Ritiene ancora che si possa partire nel 2017, considerando che sia Germania che Regno Unito non hanno ancora ratificato?
C’è l’interesse dei Paesi e delle imprese a fare partire le nuove procedure il prima possibile. Attualmente sono 11 i Paesi che hanno già ratificato. L’Italia è sulla via, il governo tedesco è apertamente favorevole al brevetto unitario e mi auguro che anche il Regno Unito proceda senza bloccare una procedura che riguarda l’intera dimensione europea. Ad oggi, c’è il margine per poter partire nel 2017.
Ci sarà competizione tra l’attuale procedura dei brevetti e il brevetto unitario?
No. Le imprese potranno continuare a chiedere a Epo protezione per un “raggruppamento” specifico di Paesi, ad esempio, in Germania, Francia, Regno Unito e Spagna e non in altri. Una sola procedura ma più fees da pagare e destinare ai diversi Paesi cui si chiede copertura. Mentre il brevetto unitario sarà un vero brevetto Ue, consentirà, con un solo iter e un’unica soluzione di pagamento, una copertura in tutto lo spazio europeo. Sono due opzioni che coesisteranno.
La Cina è cresciuta moltissimo negli ultimi anni in termini di depositi di brevetti. C’è il rischio che l’Europa diventi progressivamente marginale?
Certamente non a breve. La Cina sta crescendo molto. Ma le do un dato. Nel 2014, gli Stati aderenti a Epo hanno depositato 34900 istanze di brevetto in Cina. Epo, dalla Cina, ne ha ricevute 4600. In valore assoluto siamo lontani da grandi volumi. Credo che il sistema europeo, dalle imprese alle università, sia ancora estremamente competitivo.
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