Norme & Tributi

Il brevetto europeo attende l’effetto Brexit

  • Abbonati
  • Accedi
PROPRIETÀ INTELLETTUALE

Il brevetto europeo attende l’effetto Brexit

Quante chance ha davvero Milano di sostituire Londra nell’ospitare una delle tre future sedi (le altre sono Parigi e Monaco di Baviera) della nuova Corte per i brevetti Ue?

Molto poche, secondo i maggiori esperti (oltre 2mila tra avvocati e magistrati) di Ip e tutela della proprietà intellettuale, riuniti da domenica (e sino a oggi) a Milano per il congresso mondiale di Aippi (l’associazione internazionale che riunisce le più grandi law firms specializzate).

Al dibattito sulla Brexit – che ha aperto domenica mattina i lavori – solo posti in piedi. Il tribunale per i brevetti Ue (sede unica per risolvere, con un’unica sentenza valida in tutta Europa, i contenziosi di proprietà intellettuale) infatti dovrebbe essere ratificato da almeno 13 Paesi tra cui Francia, Germania e Gran Bretagna (quelli che ne depositano il maggior numero e che ne ospiteranno i tribunali principali) per diventare pienamente operativo nel 2017.

Il Regno Unito non ha ancora avviato l’iter. Il chè irrita non poco gli altri Stati membri, che vorrebbero evitare la paralisi causa Brexit. Ma anche Londra può avere tutto l’interesse a ratificare al più presto il nuovo assetto. Se dovesse farlo nei prossimi mesi – e comunque fino a quando sarà formalmente membro dell’Unione europea – Londra potrà tranquillamente dar corso alla Corte specializzata in brevetti farmaceutici che le spetta, nonostante l’alone di incertezza giuridica che peserà nei prossimi anni.

«Finchè dentro, e per tutto il periodo dei negoziati – ha chiarito Gordon Harris, partner di Gowling WLG e fortemente contrario all’uscita dalla Ue – si applicheranno il diritto e la giurisprudenza comunitarie. Dopo però il diritto comunitario dovrebbe decadere in Regno Unito e nessuno sa davvero cosa accadrà. Brexit può significare il caos nel nostro settore».

Il problema, ha fatto notare Harris, «è però anche che ci sono alcune aree del diritto che sono fortemente legate alla disciplina europea. Ad esempio, i certificati di protezione supplementari, che sono interamente basati sulla disciplina Ue, mentre non esiste una normativa nazionale corrispondente britannica sul tema. Quale certezza possiamo dare alle imprese farmaceutiche e agli investitori sul medio periodo?».

«È chiaro che vanno studiate soluzioni innovative e fuori dagli schemi – ha sottolineato Cesare Galli, avvocato a Milano e ordinario di diritto industriale all’Università di Parma –. Se Londra resterà all'interno dello spazio economico europeo (o comunque nel single market), potrebbe essere praticabile la sua partecipazione al sistema, attraverso una limitata modifica all'Accordo sul Tribunale Europeo dei brevetti, e in tal caso potrà forse mantenere la sede di una delle Sezioni della Corte centrale. Per avere successo, infatti, il brevetto unitario dev'essere conveniente e attrattivo per le imprese e per questo la presenza del Regno Unito è molto importante. L’Italia, intanto, deve ratificare l’accordo e lavorare per rendere operativa, a Milano, la sede locale italiana del Tribunale europeo, sciogliendo il nodo del suo finanziamento. E se saprà farlo presto e bene, come è possibile perché questi costi sono assolutamente limitati, allora sarà anche possibile riproporre con più forza la candidatura di Milano ad ospitare una delle Sezioni della Corte centrale: anche perché già oggi abbiamo più cause brevettuali di quante se ne trattino nel Regno Unito».

© Riproduzione riservata