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Manovra, cosa cambia per imprese e famiglie

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la legge di bilancio

Manovra, cosa cambia per imprese e famiglie

Con più di 15 miliardi concentrati sul rinvio degli aumenti Iva la legge di bilancio inviata ufficialmente ieri al Parlamento, dopo la firma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella al decreto che autorizza la presentazione alle Camere, non può che presentare cifre più ridotte sulle altre voci. Tra i 4 e i 5 miliardi sono dedicati agli investimenti e allo sviluppo, altrettanti vanno agli interventi per lavoratori e famiglie, e il quadro si chiude con i due miliardi di effetto trascinamento delle vecchie manovre e qualche centinaio di milioni sparso in diverse voci di dettaglio, dai fondi per il rilancio della cooperazione con i paesi africani da cui partono i migranti (200 milioni) al rifinanziamento del bonus cultura, degli interventi per le «scuole belle» o dell’operazione «strade sicure».

L’esame della manovra, avverte il Capo dello Stato, darà quest’anno al Parlamento un compito «particolarmente impegnativo», perché andranno applicate per la prima volta le nuove regole fissate dalla legge sul pareggio di bilancio riformata meno di quattro mesi fa. Proprio l’esigenza di adeguare le vecchie prassi ai nuovi schemi di bilancio potrà modificare o far cadere qualche intervento, soprattutto quelli più settoriali, ma tra vincoli di finanza pubblica e spazi ancora da conquistare in Europa è difficile ipotizzare stravolgimenti parlamentari al testo uscito dal lungo lavorio governativo. Anzi, il richiamo del Quirinale alle «regole sulla struttura del bilancio» introdotte dalla riforma può essere letto anche come un’indicazione preventiva sul fatto che la nuova griglia deve spegnere sul nascere molte tentazioni, a partire dalle misure micro-settoriali.

Proprio questo aspetto potrebbe imporre anche delle correzioni al testo presentato dal governo, e trasmesso dal Colle proprio per avviarne in fretta l’esame. Le prime bozze, del resto, ospitavano anche una clausola di salvaguardia vecchio stile, che avrebbero fatto aumentare le accise in caso di incassi deludenti dalla voluntary: un meccanismo decisamente fuori linea rispetto alla riforma, che infatti è stato sostituito da una tagliola automatica alle spese.

Nei numeri complessivi messi in fila dalla relazione tecnica, la manovra prospetta un impianto da oltre 27 miliardi, basato su 15 miliardi abbondanti di misure fra maggiori entrate e minori spese e 12 di deficit aggiuntivo; quest’ultima cifra vale lo 0,7% del Pil, e porta il nuovo indebitamento 2017 a quota 2,3% del prodotto interno lordo. Sul versante delle entrate, il grosso del lavoro è svolto dal decreto fiscale, chiamato a portare nelle casse dello Stato 3,8 miliardi di nuovo gettito.

Sulle singole misure, comunque, le discussioni non mancheranno, e già si annunciano sui nodi più politicamente delicati che si intrecciano sui temi sindacali e previdenziali. Sul primo fronte, è da mettere in preventivo un braccio di ferro sui fondi per gli statali, che nel testo definitivo della legge di bilancio sono effettivamente arrivati a 1,9 miliardi (e 2,6 dal 2018) in un conto che però comprende anche i 300 milioni già stanziati e mai utilizzati dall’ultima legge di stabilità. Non solo: siccome 140 milioni (400 dal 2018) sono riservati all’incremento dell’organico di autonomia delle scuole, per l’anno prossimo restano 1,48 miliardi aggiuntivi da dividere fra rinnovo dei contratti, assunzioni e conferma degli 80 euro per militari e forze dell’ordine. Sempre in fatto di dipendenti pubblici, è da segnalare che l’ultima versione della manovra chiarisce l’estensione anche alla Pa degli interventi di «welfare aziendale», che andranno disciplinati dai contratti.

Altro tema in discussione saranno le misure per attrarre o riportare in Italia persone ad alta qualificazione professionale. In questo contesto si inserisce il rilancio degli incentivi per il rientro dei ricercatori (tre anni con esenzione per il 90% del reddito, opzione finora sfruttata da circa 2mila persone) e dell’esenzione quinquennale per i lavoratori con i curricula più brillanti (finora l’esenzione era del 30%, ed è stata utilizzata da 4mila persone, e dal 2017 sale al 50%); per manager e imprenditori, sottolineano dall’Economia, è pensata anche la norma sui «Paperoni», che prevede un’imposta sostitutiva da 100mila euro (più 25mila a famigliare) sui redditi prodotti all’estero per chi trasferisce la residenza in Italia dopo aver passato oltreconfine almeno 9 degli ultimi 10 anni.

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