Il Fisco italiano incassa oggi la maxisanzione da 101,5 milioni di euro che il Credit Suisse Ag si è impegnato a pagare lo scorso ottobre per chiudere il contenzioso con l’agenzia delle Entrate in seguito a un accertamento avviato nel 2014. Dei 101,5 milioni totali, la maggior parte è dovuta per il mancato versamento dell’Ires mentre una quota minore deriva dalle sanzioni previste dall’articolo 1 del decreto legge numero 167 del 1990. Questa è un’autentica novità. È la prima volta, infatti, che in Italia viene contestato a una stabile organizzazione di una banca estera questo articolo di legge, che prevede multe dal 10 al 25% dell’imponibile in caso di mancata comunicazione all’Anagrafe tributaria di trasferimenti di denaro da e verso l’estero.
Sulla base delle verifiche fiscali avviate due anni fa, la procura di Milano aveva anche aperto un’inchiesta nei confronti di 13mila presunti evasori fiscali clienti della banca e aveva accusato di riciclaggio l’istituto di credito elvetico. Nei prossimi giorni il gip di Milano dovrebbe accogliere la richiesta di patteggiamento del Credit Suisse Ag, che ha accettato di versare alla giustizia 8,5 milioni di euro: 7,5 per le accuse in base al decreto legislativo 231 sulla responsabilità amministrativa degli enti e un altro milione di euro derivante da diverse sanzioni di natura penale. Una multa di poco oltre i due milioni di euro verrà versata al Fisco anche dal Credit Suisse Life & Pension del Liechtenstein, coinvolto negli accertamenti per le finte polizze vita che avrebbero consentito ai clienti della banca di evadere le imposte. Il totale delle somme che verranno incassate è dunque di circa 112,5 milioni di euro.
La Direzione provinciale 1 delle Entrate di Milano e l’Ucifi (la task force per il contrasto all’evasione fiscale internazionale della Direzione centrale accertamento) hanno deciso di contestare al Credit Suisse Ag la violazione dell’articolo 1 del decreto legge numero 167 del 28 giugno 1990, che prevede l’obbligo di comunicazione all’Anagrafe tributaria di movimentazioni di denaro da e verso l’estero. Non ci sono precedenti in Italia di contestazioni di questo genere verso una stabile organizzazione di una banca straniera. E dunque il caso Credit Suisse Ag rappresenta una novità in campo fiscale.
L’articolo 1, comma 1 del decreto legge, nella versione vigente fino al 4 settembre 2013, individua espressamente come soggetti obbligati a effettuare le comunicazioni all’Anagrafe tributaria le società di intermediazione finanziaria. Il comma 2 amplia il novero dei soggetti destinatari degli obblighi di comunicazione a «ogni altro intermediario, diverso da quelli indicati al comma 1, che per ragioni professionali effettua il trasferimento o comunque si interpone nella sua esecuzione». L’obiettivo della legge è quello di controllare che le imposte derivanti dagli investimenti detenuti all’estero siano versate.
Questo impianto è stato confermato dalla nuova versione dell’articolo 1 in vigore dal 4 settembre 2013 che, attraverso il richiamo alla legge 231 del 1997, individua come soggetti destinatari degli obblighi di comunicazione ai fini del monitoraggio fiscale, tra le altre, le «succursali insediate in Italia dei soggetti indicati alle lettere precedenti aventi sede legale in uno Stato estero». Finora solo pochissime banche estere hanno comunicato questi movimenti all’Anagrafe tributaria ma il caso del Credit Suisse Ag ha spinto parecchi istituti stranieri a rivolgersi all’agenzia delle Entrate per mettersi in regola in vista della voluntary disclosure. È quindi prevedibile che il Fisco possa incassare in futuro imposte finora mai riconosciute.
La pressione dell’inchiesta aperta dal procuratore di Milano, Francesco Greco, e dal pm Gaetano Ruta (con la consulenza tecnica del Nucleo della Banca d’Italia a supporto della procura, coordinato da Nicola Mainieri) ha avuto un ruolo decisivo nella messa a punto del meccanismo che ha permesso al Fisco e alla giustizia di incassare il maxiassegno da 112,5 milioni di euro.
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