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Poca aria nell’etilometro ma l’esame è valido

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CODICE DELLA STRADA

Poca aria nell’etilometro ma l’esame è valido

(Fotogramma)
(Fotogramma)

La rilevazione del tasso alcolemico con etilometro è valida anche quando l’apparecchio segnala «volume insufficiente», ossia che il guidatore non ha soffiato nel boccaglio abbastanza aria per consentire una misurazione ottimale. Con questo principio di diritto, contenuto nella sentenza 6636/2017 depositata ieri, la Quarta sezione penale della Corte di cassazione aggiunge un tassello nel variegato mosaico di pronunce su questo particolare tema. Gia l’anno scorso la Quarta sezione (sentenza 19161/2016, si veda Il Sole 24 Ore del 10 maggio 2016) aveva riconosciuto valore probatorio alla misurazione con volume insufficiente. A distanza di alcune settimane, invece, la sentenza 23520/2016 aveva affermato che in questi casi l’organo di polizia deve provare l’efficienza dell’apparecchio (si veda Il Sole 24 Ore del 5 luglio 2016); dunque sarebbe ribaltato il principio-cardine della giurisprudenza sulla misura del tasso alcolemico, secondo cui l’onere della prova di un eventuale malfunzionamento dell’etilometro è del conducente.

Ora la Quarta sezione parte col prendere atto che la Cassazione ha via via seguito tre indirizzi:

il primo ritiene ci sia un’insanabile contraddizione fra la dicitura «volume insufficiente» e l’attendibilità della misurazione;

il secondo presume che, se il guidatore non dimostra che ha un problema di salute tale da impedirgli di soffiare correttamente, il volume insufficiente indica la volontà di rendere impossibile la misurazione e dunque si ricadrebbe nel reato di rifiuto di sottoporsi ad alcoltest;

il terzo considera possibile che il risultato sia valido anche con volume insufficiente e quindi sta al giudice motivare la sua decisione di riconoscere pieno valore al risultato del test.

La conclusione cui arriva nella sentenza depositata ieri la Quarta sezione è più vicina a quest’ultimo orientamento e lo dettaglia riprendendo una delle pronunce più recenti (la 40709/2016): in sostanza, occorre rifarsi al Dm 196/1990, che detta i requisiti di omologazione degli etilometri. L’allegato al Dm, per il combinato disposto dei punti 2.5 e 3.5.1, secondo la Corte afferma che la misurazione è corretta ogniqualvolta il display dell’apparecchio indica il valore rilevato. Dunque, il fatto che sullo schermo appaia anche la scritta «misurazione insufficiente» «prova solo il fatto che la quantità d’aria» soffiata è stata «minore di quella occorrente per una misurazione ottimale». La scritta va interpretata solo come un «messaggio di servizio» (previsto anch’esso dal Dm) e non come un «inequivocabile messaggio di errore».

Se ne deduce che per difendersi resta solo la via più difficile: una perizia che, a prescindere dal volume insufficiente, mostri i limiti del principio di funzionamento dell’etilometro, che presume la quantità di alcol nel sangue (l’unica rilevante ai fini del Codice della strada) in base a quella nell’aria che esce dai polmoni. Un principio confutato da molti. Infine, la Corte ribadisce che, se si ritenesse non utilizzabile il valore misurato, si dovrebbe configurare il reato di rifiuto del test: «in assenza di patologie che abbiano impedito di effettuare al meglio il test...è evidente che ci troviamo di fronte a un comportamento volontario».

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