In attesa del prolungamento della finestra di accesso all’emersione dei capitali - entro lunedì arriverà un Dpcm che sposterà i termini di “presentazione spontanea” al 30 settembre (con slittamento a lunedì 2 ottobre) - il cantiere della voluntary disclosure 2.0 è ufficialmente riaperto. I dati di adesione alla seconda campagna, dopo il boom del 2015, continuano a preoccupare il Mef, considerato che nonostante il blitz della Gdf sui conti Credit Suisse della scorsa settimana (la richiesta di collaborazione alla Svizzera su oltre 9.900 nominativi di evasori) non c’è ancora traccia di code ai botteghini. A ieri, nonostante il riserbo strettissimo delle Entrate sul tema, le istanze di emersione erano circa 7.500, un risultato davvero modesto dopo nove mesi di riapertura dei termini e a pochi giorni dalla scadenza della legge di sanatoria/bis (lunedì 31, appunto).
Da queste statistiche deludenti - e che rendono il target di 1,6 miliardi di gettito una chimera - riparte la discussione troncata nell’ottobre scorso, all’epoca della riedizione della Vd, su come recuperare il contante da un lato, e come aumentare la platea dei “pentiti” sull’altro versante.
La voluntary domestica, cioè in sostanza il contante che riposa in cassette di sicurezza o sotto le piastrelle, già fallita nella prima edizione (solo 1.600 adesioni), sta naufragando nella seconda. Nonostante la stima di 80/130 miliardi da recuperare, nessuno ha scelto finora di aderire a causa delle condizioni particolarmente svantaggiose oggi previste (la cifra emersa, certificata da un notaio, deve essere spalmata sulle ultime cinque annualità fiscali e fa rivedere pertanto al rialzo le ultime cinque dichiarazioni dei redditi). Nell’ipotesi di revisione, il Parlamento introdurrebbe nuovi criteri più elastici di imputazione per considerare “prescritte” alcune annualità, facendo così scendere il conto fiscale. Di fatto oggi il contante da sanare costa il 43% sul capitale, rispetto al 7% medio della regolarizzazione della Vd/1 del 2015.
Ma tra le pieghe della revisione della Vd 2.0 - revisione che approderebbe direttamente nella legge di stabilità del prossimo autunno - si sta facendo largo anche la mai sopita ipotesi di stabilizzare il programma di regolarizzazione, rendendolo disponibile in ogni momento e senza più limiti temporali. Verrebbe da chiedersi quale ne sia l’utilità, considerato che dal prossimo anno scatterà lo scambio automatico di info fiscali con un centinaio di paesi (si veda l’articolo a lato). Secondo i proponenti l’apertura sine die della voluntary disclosure permetterebbe il ravvedimento anche nel periodo cuscinetto tra la trasmissione dei dati tra amministrazioni e le contestazioni (accertamento) nei confronti del contribuente.
Su tutto pesa però l’incognita della congiuntura politica. Se il fisco è già per sua natura materia “ostile” per la comunicazione, la campagna elettorale ormai pienamente lanciata rischia di raffreddare gli entusiasmi dei riformatori, congelando una Vd 2.0 molto sotto le attese e ben sotto le esigenze della contabilità pubblica.
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