Norme & Tributi

Obbligo di indicare l’origine del riso e del grano per la pasta in…

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Obbligo di indicare l’origine del riso e del grano per la pasta in etichetta

(Marka)
(Marka)

L'obbligo di indicare in etichetta l'origine del riso e del grano duro per le paste di semola di grano duro è l'oggetto di due decreti del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali pubblicati in Gazzetta ufficiale il 16-17 agosto 2017, i quali entreranno in vigore il 16 e il 17 febbraio prossimi.

Questi due nuovi decreti fanno il paio con quello, entrato in vigore nell'aprile 2017, recante l'obbligo di riferire in etichetta l'origine della materia prima utilizzata per la produzione del latte e dei prodotti lattiero-caseari.

In particolare, per quanto riguarda il riso, il decreto ministeriale n. 113532/2017 stabilisce che:
- l'indicazione in etichetta dell'origine debba essere effettuata con l'utilizzo delle diciture “Paese di coltivazione del riso”, “Paese di lavorazione” e “Paese di confezionamento”;
- qualora le fasi di coltivazione, lavorazione e confezionamento del riso avvengano nello stesso Paese, può essere recata in etichetta la dicitura “origine del riso”, seguita dal nome del Paese;
- in caso di riso coltivato o lavorato in più Paesi, possono essere utilizzate le diciture “UE”, “non UE”, ed “UE e non UE”.

Invece, per il grano e per la pasta, il decreto ministeriale n. 113552/2017 prevede che:
- sull'etichetta della pasta debbano essere riportate le diciture “Paese di coltivazione del grano” (per il luogo in cui è stato coltivato il grano duro), e “Paese di molitura” (seguito dal nome del Paese nel quale è stata ottenuta la semola di grano duro);
- qualora i grani siano stati coltivati in più Paesi e le semole siano state ottenute in più Paesi, per indicare il luogo in cui la singola operazione è stata effettuata, possono essere utilizzate le diciture “UE”, “non UE”, “UE e non UE”;
- tuttavia, nel caso in cui venga utilizzato un grano coltivato per almeno il 50 per cento in un singolo Paese, per indicare il luogo in cui lo stesso è stato coltivato, è previsto l'utilizzo della dicitura “nome del Paese” nel quale è stato coltivato almeno il cinquanta per cento del grano duro “e altri Paesi”: ‘UE', ‘non UE', ‘UE e non UE'”, a seconda dell'origine.

Si tratta di decreti promulgati con l'intento di garantire trasparenza nell'indicazione dell'origine di grano e pasta, considerando ad esempio che, come si può evincere da una pubblica consultazione condotta dal Ministero delle politiche agricole, oltre l'80 per cento degli italiani desidera conoscere l'origine delle materie prime per questioni legate al rispetto degli standard di sicurezza alimentare, in particolare per la pasta e il riso.

La disciplina in commento può indubbiamente prestarsi a valutazione controverse: se infatti si ritenga che elevati standard di sicurezza alimentare siano già ampiamente garantiti dalle vigenti normative europee e nazionali (le quali assicurano che qualsiasi prodotto alimentare non deve comportare rischi per la salute, né deve essere inadatto al consumo umano), l'introduzione dei descritti obblighi di etichettatura potrebbe essere considerabile nei termini di un inutile aggravio, relativamente ai costi aggiuntivi da sostenere per l'etichettatura dei propri prodotti.

Anche perché precedentemente ai decreti ministeriali appena pubblicati era già riconosciuta (in virtù delle norme recate nel Regolamento (Ue) n. 1169/2011) alle aziende agroalimentari la facoltà di indicare volontariamente in etichetta il Paese di origine o il luogo di provenienza (in questo caso) della pasta o del riso, dando quindi la possibilità al consumatore di scegliere consapevolmente.
Infine, specie per quanto riguarda la filiera della pasta, è stato obiettato che la sua qualità distintiva non è da identificarsi tanto nel luogo di origine del grano, quanto, piuttosto, nel processo produttivo di miscela dei singoli ingredienti cerealicoli che compongono il prodotto finito.

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