A Biella si è scatenata la polemica politica dopo la notizia che il sindaco ha fotografato alcune auto in divieto di sosta e ha fatto arrivare ai loro proprietari la relativa multa. Ma alla gente interessa sapere soprattutto una cosa: un sindaco ha davvero il potere di multare qualcuno per un’infrazione stradale? La risposta è sì, ma solo in pochi casi. Quasi gli stessi in cui la multa può scattare, in teoria, anche su segnalazione di un privato cittadino.
Il sindaco di Biella, Marco Cavicchioli, ha dichiarato all’agenzia Ansa di avere il potere di multare perché è un «pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni». Ma il Codice della strada non dice proprio così. L’articolo 12 riconosce i poteri di «prevenzione e accertamento delle violazioni» agli appartenenti agli organi di polizia (e ad alcuni dipendenti di ministeri e gestori di strade e ferrovie, ma solo se superano un esame di qualificazione e, spesso, solo in determinati contesti). In più, il comma 2, estende questi poteri ai «rimanenti ufficiali e agenti di polizia giudiziaria».
Dunque, in prima battuta il sindaco può multare solo se ha la qualifica di polizia giudiziaria. E questo può accadere solo nei Comuni più piccoli. Infatti, l’articolo 57 del Codice di procedura penale stabilisce che il sindaco è ufficiale di polizia giudiziaria solo nei centri in cui non c’è una sede né della Polizia di Stato né dei Carabinieri né della Guardia di finanza.
Questa prerogativa viene sfruttata anche per sopperire alle carenze di organico dei vigili, che spesso non si possono coprire con nuove assunzioni. Ma Biella certamente è sede di organi di polizia statali, per cui il sindaco non è un ufficiale di polizia giudiziaria.
Resta allora un’altra possibilità, lasciata dalla legge “madre” del Codice della strada: la 689/1981, che riguarda tutti i vecchi reati depenalizzati all’epoca (tra cui c’è la maggior parte delle infrazioni stradali). L’articolo 13 consente agli organi che hanno il potere di accertare questi illeciti di «assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica».
In sostanza, ai nostri fini, ciò vuol dire che i vigili potrebbero aprire una vera e propria indagine sull’infrazione segnalata da qualcuno, per verificare la fondatezza della segnalazione. Cosa che non si fa praticamente mai, tranne in casi gravissimi o quando c’è un incidente (l’indagine consiste nell’effettuare i rilievi e ricostruire l’accaduto per risalire alle responsabilità, non solo ai fini assicurativi ma anche per applicare le sanzioni per le infrazioni che emergono dalla ricostruzione).
La verifica diventa meno difficile del solito se il segnalante è un pubblico ufficiale come il sindaco e se esiste una documentazione fotografica affidabile come quella disponibile a Biella (fornita da una fotocamera del Comune che segna in modo non alterabile il momento in cui la foto è stata scattata). In questo senso possono essere interpretate le parole del sindaco riportate dall’Ansa.
Ma non è pensabile che una modalità di accertamento di questo tipo diventi sistematica: le regole del Codice della strada, in quanto speciali rispetto alla legge 689, prevalgono. Si può fare un’eccezione in casi gravi, ma si può discutere sul fatto che una sosta vietata lo sia.
Inoltre, il Codice (articolo 200) prescrive come regola generale che l’infrazione debba essere contestata immediatamente al trasgressore, salvo alcuni casi elencati in modo tassativo (articolo 201). Tra essi c’è l’assenza del trasgressore, che giustifica l’omessa contestazione immediata nel caso di sosta vietata. Ma occorre dimostrare che il conducente si trovava davvero lontano dal veicolo e questo si può fare in modo convincente solo se è presente un vigile in divisa: alla sua vista, il guidatore apparentemente assente potrebbe improvvisamente materializzarsi per spostare subito il mezzo. Che poi è lo scopo fondamentale dell’attività di polizia.
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