I contribuenti hanno diritto alla riduzione della tassa o della tariffa rifiuti anche se il disservizio non è responsabilità diretta del Comune.
Sulla base di questo presupposto la Cassazione, nella sentenza 22531/2017 depositata ieri, ha dato ragione al Britannique, nome storico dell’hotellerie napoletana, che è dovuto arrivare fino alla Suprema Corte per farsi riconoscere il diritto a uno “sconto” del 60% sulla Tarsu del 2008. Siamo nell’anno clou dell’emergenza rifiuti che ha invaso di sacchetti dell’immondizia il capoluogo partenopeo, senza risparmiare il centro storico e Corso Vittorio Emanuele dove si trova l’albergo, ovviamente colpito anche da un danno pesante per la propria immagine agli occhi dei turisti.
Ma il lavoro della Cassazione va ben oltre il caso specifico dell’albergo napoletano, e fissa un principio replicabile in molte situazioni. Ma per capirlo bisogna andare con ordine.
Tutto parte dalle regole sulla Tarsu, scritte all’articolo 65 del decreto legislativo 507/1993, che impone di far pagare al massimo il 40% del conto ordinario quando il servizio di raccolta si blocca oppure «è effettuato in grave violazione delle prescrizioni del regolamento». Non solo: quando la mancata raccolta determina «una situazione riconosciuta dalla competente autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente», l’utente può “auto-ridursi” la tassa oppure chiedere di riavere quanto pagato di troppo. Attenzione: questa regola ha una ricaduta attuale nella disciplina della Tari (commi 655-656 della legge 147/2013), cioè dell’ultima arrivata nel ricco panorama di acronimi delle tasse-tariffe italiane sui rifiuti, che aumenta ulteriormente lo sconto e impone di far pagare solo il 20% quando la raccolta dei rifiuti si blocca o procede a scossoni.
Fin qui le norme, ma il principio fissato dalla Cassazione nella sentenza depositata ieri va oltre, e amplia i confini dell’applicazione di un diritto dei contribuenti finora parecchio trascurato. Il Comune di Napoli aveva resistito, ottenendo l’ascolto dei giudici tributari regionali, sulla base del fatto che l’emergenza ambientale aveva portato le competenze operative nelle mani del commissario straordinario; più di una pronuncia delle commissioni tributarie, aveva confermato la Ctr Campania, escludevano «ogni responsabilità del Comune di Napoli» per i disservizi, e quindi lo sconto non era dovuto.
La Cassazione però ribalta la prospettiva, per una ragione semplice. La Tarsu (e a maggior ragione oggi la Tari) si applica per pagare un servizio, che va svolto secondo le regole: se il servizio non c’è, va riconosciuto lo sconto previsto dalla legge. La riduzione, spiega la sentenza, non è una «sanzione per l’amministrazione comunale inadempiente», ma serve a «ripristinare un tendenziale equilibrio» tra quanto si paga e i costi del servizio effettivamente reso.
In un panorama dell’igiene ambientale ricco di problemi, da Roma a molte città del Sud, una pronuncia del genere allarma ovviamente i sindaci. Lo testimonia la riflessione di Leoluca Orlando, da Palermo, secondo cui «la principale causa dei disservizi nella raccolta dei rifiuti è, in tutta Italia, l’evasione della tassa, che priva le aziende di risorse economiche fondamentali». In questo quadro, secondo Orlando, «la sentenza della Cassazione rischia di apparire un involontario invito all’evasione, innescando un pericolosissimo circolo vizioso».
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