Chi sta ricevendo multe per eccesso di velocità dovrebbe verificare con attenzione quando e come l’apparecchio che ha rilevato l’infrazione è stato tarato. Dal 1° agosto 2017 le norme sulla modalità di taratura sono state rese più stringenti e inizialmente potrebbero non essere state rispettate in pieno. Ciò renderebbe nulla la multa. Il problema nasce dalle pieghe del decreto ministeriale Infrastrutture n. 282 del 13 giugno scorso, col quale fu data una veste formale e vincolante alle regole sulla taratura e sull’impiego dei misuratori di velocità. Dal punto di vista sostanziale, le modifiche rispetto alle prassi precedenti sono state poche. Ma una di esse potrebbero avere spiazzato qualche operatore.
Si tratta del campo di velocità all’interno del quale vanno eseguiti i test di taratura periodica (cioè quelli successivi alla prima, che si effettua quando un apparecchio entra in servizio) per gli apparecchi normalmente utilizzati dalle pattuglie a bordo strada (cioè quelli che vengono spostati di volta in volta; per quelli fissi che funzionano in modo totalmente automatico valgono regole parzialmente diverse): i veicoli utilizzati per le misurazioni di prova devono eseguire da 50 a 100 passaggi ad andature comprese fra i 30 e i 230 km/h.
Nelle prassi precedenti, non era tassativo raggiungere velocità così elevate. Di solito, quando c’erano condizioni di sicurezza, i test arrivavano più o meno sulla soglia dei 200 km/h. E ci sono indizi da cui si deduce che queste prassi, almeno in qualche caso, sono continuate anche dal 1° agosto in poi. Cioè quando il Dm è entrato in vigore e quindi sono diventati obbligatori i test fino a 230 km/h.
Gli indizi vengono da un quesito inviato il 20 settembre al ministero delle Infrastrutture da due Comuni lombardi. Il ministero ha risposto l’11 ottobre con un parere che conferma i nuovi vincoli. E il parere è stato allegato a una comunicazione che un fornitore di misuratori di velocità ha inviato ai corpi di polizia che fornisce. La nota dell’azienda afferma senza mezzi termini che «le attività di taratura effettuate dal 01/08/2017 in poi devono soddisfare tale requisito pena la nullità dell’intervento effettuato».
Dunque, chi riceve una multa deve guardare sul verbale la data in cui l’apparecchio è stato tarato. Se la data è successiva al 31 luglio 2017, si può chiedere al corpo di polizia di fornire documentazione da cui si evincano le velocità alle quali sono stati svolti i test. Ciò potrebbe creare problemi pratici, in quanto gli uffici di solito hanno solo il certificato di taratura, che è il documento ufficiale necessario ad attestare l’avvenuta operazione ma di solito non specifica fino a quale velocità si sono svolte le prove.
Alla lunga, le nuove regole potrebbero comportare un aumento delle spese di accertamento addebitate ai destinatari dei verbali, che si aggiungono all a sanzione: lo accenna la stessa comunicazione del fornitore, che parla di un incremento di costi dovuto all’esigenza di effettuare test di taratura anche in un autodromo. Problema che però non si pone per gli apparecchi a funzionamento automatico in postazione fissa (compresi i tutor e gli altri sistemi in grado di rilevare anche la velocità media): per essi il Dm consente di effettuare la taratura senza spostarli e, visto che il test avviene su strada aperta, non è obbligatorio raggiungere i 230 km/h (ci si “accontenta” di una velocità anche superiore ai limiti imposti sul tratto in questione, purché non tale da creare effettivi pericoli).
Attenzione: non c’è alcuna irregolarità se l’apparecchio è stato tarato prima del 1° agosto. Infatti, l’articolo 5 del Dm prevede che in questi casi il controllo successivo va effettuato entro un anno dal precedente e comunque entro un anno dalla pubblicazione del decreto (avvenuta il 31 luglio 2017).
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