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Divorzio e tenore di vita, giudici compatti sul taglio

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dopo il caso berlusconi-lario

Divorzio e tenore di vita, giudici compatti sul taglio

(Fotogramma)
(Fotogramma)

L’addio al «tenore di vita» fa tendenza tra i giudici. Negli ultimi sei mesi, infatti, le Corti e i tribunali hanno svincolato l’attribuzione dell’assegno divorzile dal criterio della conservazione del tenore di vita durante il matrimonio per agganciarlo, invece, a quello dell’autosufficienza economica dell’ex che chiede il contributo.

I casi Grilli e Berlusconi
Una rivoluzione per il diritto di famiglia, che la Cassazione ha sancito con la sentenza del 10 maggio scorso (la 11504), pronunciata nel contenzioso fra l’ex ministro Vittorio Grilli e Lisa Lowenstein, e che, giovedì scorso, è arrivata fino al divorzio milionario tra Silvio Berlusconi e Veronica Lario.

La Corte d’appello di Milano (con la sentenza 4793) ha infatti cancellato l’assegno di 1,4 milioni di euro al mese che l’ex presidente del Consiglio era stato condannato dal Tribunale di Monza a pagare all’ex moglie (si veda il Sole 24 Ore del 17 novembre). La ragione? Lario non è solo autosufficiente ma vive in una condizione di «benessere economico», che le consente un «tenore di vita elevatissimo», proprio grazie al patrimonio che durante le nozze le ha costituito Berlusconi. E non rileva il fatto che il leader di Forza Italia, durante il matrimonio, abbia offerto all’ex moglie una vita ancora più lussuosa.

I ricorsi
Dai nomi noti alle vite comuni, il cambio di rotta della Cassazione ha scatenato la corsa alla revisione degli assegni di divorzio. Chi deve pagare (quasi sempre l’ex marito) gioca infatti la carta del ricorso per tentare di ridurre o anche azzerare il contributo.

«Siamo di fronte a un assalto alla diligenza - afferma Alessandro Sartori, presidente Aiaf, l’associazione degli avvocati per la famiglia e i minori - ma serve equilibrio da parte dei colleghi: la richiesta di ridurre l’assegno non va sempre assecondata ma occorre valutare caso per caso. Dobbiamo evitare di penalizzare l’ex coniuge, spesso la moglie, che dedica la vita alla famiglia ed esce dal matrimonio con una situazione economica più debole rispetto a quella del marito. Anche se le sentenze emesse finora sono in linea generale equilibrate».

Indipendenza e solidarietà
Le tante sentenze che hanno sposato i principi affermati dalla Cassazione sei mesi fa non sono un effetto scontato: la “sentenza Grilli” è stata pronunciata “solo” dalla prima sezione della Cassazione e non dalle Sezioni unite, che forniscono l’orientamento definitivo sulle questioni dibattute. Non solo si è consolidato il principio di legare l’attribuzione dell’assegno all’indipendenza economica dell’ex anziché al tenore di vita durante il matrimonio. Anche la prova della necessità dell’assegno sta cambiando direzione: la sentenza di maggio della Cassazione afferma con chiarezza che è l’ex che chiede l’assegno a dover provare di possedere i requisiti per ottenerlo e non quello in teoria tenuto a pagare, in passato spesso chiamato a dimostrare fatti e circostanze riferibili all’altro.

Tutto ciò non significa, naturalmente, che l’assegno di divorzio sia stato sempre negato negli ultimi mesi. Sono però senz’altro cambiati, rispetto al passato, i parametri di riferimento. Al di là dei casi di chi dispone di patrimoni consistenti, l’assegno divorzile è stato negato all’ex moglie che ha raggiunto l’indipendenza economica grazie alla pensione e a quella che lavora come professoressa di matematica e ha la casa di proprietà.

Ma i giudici - affermando la natura assistenziale dell’assegno di divorzio - hanno anche riconosciuto un contributo fondato sulla solidarietà postconiugale all’ex moglie non autosufficiente: come nel caso della cinquantenne che ha lasciato il lavoro anni prima d’accordo con il marito e che ora faticherebbe a trovarne uno nuovo.

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