Passate le elezioni, il problema si ripropone: come evitare che le tariffe Rc auto rincarino per aumentare i contributi al Fondo di garanzia vittime della strada? L’aumento era stato chiesto dalla Consap, l’organo tecnico di gestione del Fondo, per salvaguardarne il patrimonio. Ma, forse anche per l’aria di elezioni, il ministero dello Sviluppo economico non aveva dato l’ok (si veda il Sole 24 Ore del 6 marzo). Ora non si può sperare che la soluzione arrivi “da sola”: occorrerebbero, tra l’altro, controlli automatici sull’evasione dell’obbligo di assicurarsi, rimasti solo annunci.
L’aumento chiesto dalla Consap per riequilibrare il Fondo che copre i danni causati da veicoli non identificati o non assicurati era il massimo possibile: dall’attuale aliquota pari al 2,5% del premio, si sarebbe passati al 4 per cento. Calcolato sul premio medio versato da un assicurato italiano - 417 euro, secondo la rilevazione Ivass sull’ultimo trimestre 2017 - significa un aumento di circa 6 euro. Ma nelle province più a rischio (come Napoli, Prato e Caserta) si va sui 600 euro, per cui l’aggravio sale a 10 euro. E questi sono solo premi medi.
Nel luglio 2017, la Corte dei conti ha scritto che la riduzione del patrimonio netto del Fondo si deve «essenzialmente» all’aumento delle uscite per risarcimenti e alla diminuzione degli incassi derivanti dai contributi. Ma si cercano aggiustamenti su altri fronti. Come la gestione dei sinistri, per evitare ritardi che causano costi per contenziosi. L’Ania (l’associazione delle assicurazioni) e l’Aifvs (Associazione italiana familiari e vittime della strada) propongono pure di azzerare le riserve del Fondo, che sarebbero inutili visto che i risarcimenti sono erogati dalle compagnie.
Per ora resta il fatto che gli incassi diminuiscono e gli esborsi aumentano. Un apparente paradosso: il calo degli introiti è dovuto a quello dei prezzi, legato a sua volta a quello della spesa per i sinistri. Sono le dinamiche della Rc auto, da anni. E allora perché il Fondo spende di più? Per l’evasione, che fa comunque aumentare i casi in cui il Fondo deve intervenire.
Si parla di cinque milioni di veicoli non assicurati (circa il 13% del parco circolante). Una stima probabilmente per eccesso, ma preoccupante. Perché indica un fenomeno di massa, contrastabile solo con un inasprimento delle sanzioni (l’Ania ha proposto la confisca «irrevocabile» del veicolo, oggi c’è solo il sequestro finalizzato alla confisca, che si può evitare riassicurandosi) accompagnato da controlli automatici: i veicoli non assicurati passerebbero davanti ad apparecchi in grado di leggere le targhe (già diffusi, come gli autovelox) e di interfacciarsi con la banca dati delle polizze, quindi sarebbe facile spedire multe a raffica, che prima o poi un effetto deterrente lo avranno. Altro che i controlli fatti da agenti che fermano i veicoli: se ne fanno anche, ma non c’è abbastanza personale per renderli sistematici.
Perciò nel novembre 2011 i controlli automatici sulla Rc auto sono stati autorizzati per legge. Da allora le norme sono state cambiate più volte, l’ultima ad agosto scorso con la legge concorrenza. Ma i controlli automatici non sono mai partiti. La motivazione ufficiale è che gli apparecchi non sono stati ancora “omologati” dal ministero delle Infrastrutture e che, a furia di cambiarle, le norme sono diventate un pasticcio. La realtà è che il sistema italiano non può reggere.
Infatti, la banca dati viene aggiornata ogni notte. Quindi chi ritira un veicolo appena acquistato o ha la polizza in scadenza potrebbe evitare le multe solo pagando la Rc auto un giorno prima del termine ultimo consentito. Cosa che non gli si può imporre.
Inoltre, la banca dati contiene errori, non essendo mai stata revisionata. Si sarebbe potuto farlo se la Motorizzazione avesse attuato l’obbligo di avvisare chiunque risulti scoperto, ma le scarse risorse disponibili hanno indotto a sostituire la comunicazione diretta con una generica messa a disposizione di una pagina web (sul Portale dell’automobilista) in cui i più scrupolosi possono verificare la propria posizione.
Così si vorrebbe che le multe fossero precedute da un invito a presentare i documenti in un ufficio di polizia, in modo da individuare i “falsi positivi”. Ma tra le forze di polizia questa procedura non è vista di buon occhio: aumenta i carichi di lavoro.
Ulteriori carichi si aggiungono per applicare il sequestro, previsto dal Codice come sanzione accessoria: non avendo fermato subito il veicolo, bisogna andarselo a cercare. Ma ai Comuni probabilmente piacerebbe soprassedere, limitandosi a incassare gli 849 euro di sanzione pecuniaria.
Se il quadro è questo, come si può sperare che gli apparecchi vengano omologati e le norme vengano corrette?
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