
Nessun passo indietro sulla procedibilità di ufficio delle lesioni personali stradali gravi e gravissime. Anche se la violazione del Codice della strada che ha causato l’incidente è banale o se la gravità della lesione consegue unicamente ai giorni di prognosi stabiliti dal medico curante. La legge 41/2016 (quella sull’omicidio stradale) aveva stabilito che bastano 41 giorni per far scattare la procedibilità di ufficio, lasciando a querela di parte le sole lesioni lievi (quelle fino a 40 giorni). Si pensava che la nuova norma sarebbe stata cambiata, per evitare gli effetti negativi che aveva creato: risarcimenti più difficili, sovraccarichi di lavoro per forze dell’ordine e tribunali, incertezze per i medici. Ma, almeno per ora, resterà com’è.
Lo si desume dal decreto attuativo - in prossimità di pubblicazione - della legge 103/2017, che aveva delegato il Governo ad aumentare il numero dei reati contro la persona e il patrimonio procedibili a querela di parte, per favorire meccanismi conciliativi finalizzati al risarcimento dei danni. Lo schema di Dlgs varato dal Governo non ha incluso le lesioni personali stradali gravi e gravissime tra i reati che diventeranno procedibili a querela di parte.
Quanto ai risarcimenti, la procedibilità a querela ha sempre agevolato le chiusure transattive: il danneggiante - grazie anche all’assicurazione - risarcisce il danneggiato e quest’ultimo rimette la querela. Soluzione sempre auspicabile quando le lesioni non sono poi effettivamente invalidanti e la persona offesa punta solo a un risarcimento adeguato.
Se non può ottenere la remissione di querela, l’imputato non è più incentivato a risarcire, ma a combattere nel processo per dimostrare un concorso di colpa e/o che la prognosi è esagerata. Tanto più che per le lesioni stradali la stessa legge 41/2016 (con l’articolo 590-quater del Codice penale) non consente il giudizio di prevalenza, o anche solo di equivalenza, tra l’attenuante del risarcimento e le aggravanti. Così i dibattimenti diventano aspri e con costi alti per il sistema e le parti (per esempio, per ingaggiare esperti di cinematica e medicina legale).
Inoltre, se fosse stata ripristinata la procedibilità a querela, sarebbe stata applicabile l’estinzione del reato per condotte riparatorie, che consente di non celebrare il processo in caso di risarcimento pieno.
Tutto questo porta ad aumentare il numero di procedimenti. I primi uffici che devono fronteggiare la congestione sono quelli di polizia, che devono segnalare tutto alle Procure. Se non si arriva a rischiare la prescrizione è solo perché la legge 103 ha modificato l'articolo 159 del Codice penale congelando i termini dopo una sentenza di condanna. Ma con la conseguenza che un imputato può restare sotto processo (con le relative spese e angosce) più di 10 anni anche per un “semplice” incidente da 41 giorni di prognosi che avrebbe voluto e potuto chiudere in un mese risarcendo il danno.
Quanto ai problemi per i medici, alcuni di loro sono finiti sotto indagine per omissione di referto od omissione di denuncia. Infatti, il medico ha l’obbligo di riferire all’autorità giudiziaria entro 48 ore ogni fatto che abbia i caratteri di un delitto procedibile di ufficio. Quindi, non appena abbia il sospetto che la lesione riportata dal paziente in un incidente stradale possa superare i 40 giorni di prognosi, il medico deve attivarsi.
Ma nel primo periodo di applicazione della legge 41/2016 - riferisce la Simla (Società italiana di medicina legale e delle assicurazioni) - c’è stato un silenzio sulla nuova norma. Anche perché magistrati, forze dell’ordine e medici temevano che il sistema sarebbe andato in tilt. Di qui le omissioni. Dopo che i primi sanitari sono stati indagati, l’Ordine dei medici (comunicazione Fnomceo n. 93 del 6 ottobre 2017) ha ricordato il dovere di inviare referto o denuncia all’autorità giudiziaria in tutte le circostanze «che possano rivestire gli estremi delle lesioni (stradali, ndr) gravi o gravissime». Ciò vale in prima battuta per chi opera al pronto soccorso. Ma poi anche per «ogni medico che si trovi nella necessità di prolungare» la prognosi iniziale oltre i 40 giorni.
Il caso del prolungamento può essere il più problematico: un magistrato, vedendo che il primo medico non aveva inviato referto o denuncia, potrebbe ritenere che sia responsabile di omissione o che abbia sbagliato la diagnosi. A quel punto, nel processo entrerebbe anche il medico. La sua difesa contribuirebbe a inasprire il dibattimento assieme a quella del responsabile dell’incidente, puntando a dimostrare che la prognosi corretta non superava i 40 giorni.
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