Prezzi, sconti, quantità, colori, preferenze e scorte: con l’arrivo della fattura elettronica imposta a tappe forzate, prima per carburanti e subappaltatori della Pa, e poi per tutto il B2B anche i professionisti fiscali possono entrare nell’era dei big data.
Avranno sottomano una massa di informazioni, che se utilizzate al meglio porebbero rivelarsi preziose: oltre alla politica dei prezzi e degli sconti praticati o ricevuti dai propri clienti, potranno produrre report sulle vendite, sugli articoli più gettonati o le scorte di magazzino. Dati rielaborabili che consentiranno se ben utilizzati (e protetti) di fornire ai clienti nuovi servizi in tema di controllo di gestione e auditing, ad esempio, in tempo reale e non più a scadenze mensili o trimestrali.
«L’illusione che la fattura elettronica farà aumentare i carichi di lavoro dei professionisti durerà poco - prevede Claudio Rorato, direttore dell’Osservatorio sul tema del Politecnico di Milano - in breve tempo spariranno vari registri e dunque il lavoro diminuirà, ma i professionisti potranno presidiare tutto il flusso contabile». I nuovi big data potrebbero segnalare, ad esempio, prezzi di vendita o di acquisto non allineati con il mercato, documentare il merito creditizio o aiutare l’elaborazione di business plan.
Robert Braga, commercialista “digitale” e formatore (nonché componente del forum sulla fattura elettronica delle Entrate) sintetizza il passaggio epocale con una battuta: «Possiamo smettere di fare gli scadenzometri e tornare a fare i consulenti».
I punti critici
Ma questo è il futuro. A oggi, a 206 giorni dal 1° gennaio e a meno di 20 dallo step intermedio del 1° luglio, l’arrivo della e-fattura viene vissuto dalla maggior parte dei professionisti fiscali come l’ennesimo tortuoso (e costoso) adempimento, complice anche la memoria ancora viva delle fatiche anche economiche sostenute per adeguarsi allo spesometro. I conti li ha fatti il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti: oltre il 90% dei 118mila iscritti all’Albo svolge attività contabile e fiscale di base; l’80% di loro, in particolare, trae la maggior parte del fatturato proprio da questa attività. A questi vanno aggiunti un numero significativo di consulenti aziendali e tributaristi. In tanti quindi sperano in una proroga. Non un rinvio secco, ma «un’introduzione graduale, che tenga conto ad esempio di soglie dimensionali e che consenta anche alle imprese di avviare sperimentazioni progressive» è la proposta che Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale commercialisti vuole rilanciare anche al nuovo governo «pensando soprattutto agli studi più piccoli e alle piccole imprese, alcune ancora senza mail».
Guarda caso, il mercato dei gestionali non è effervescente. Racconta il presidente di Assosoftware (170 società specializzate), Bonfiglio Mariotti: «Registriamo interesse, sì ma non c’è ancora il boom delle vendite».
Proroga o no, comunque i professionisti già alle prese con il crescente fai-da-te della precompilata ora devono scongiurare il rischio di vedersi “scavalcati” anche dalla e-fattura. Il mantra, tra convegni, spot e dimostrazioni è sempre lo stesso: per sopravvivere occorre trasformare quest’obbligo in un’opportunità.
Gli strumenti
Il Cndcec ha messo a punto un documento in cui delinea un modello organizzativo pensato per assistere le imprese in contabilità semplificata (1,5 milioni di clienti dei commercialisti). «Questi colleghi traggono fino all’80% del fatturato dalle piccole aziende - spiega Maurizio Grosso, consigliere Cndcec con delega all’innovazione - abbiamo elaborato un modello di gestione per traghettarli dall’analogico al digitale». Il documento mette in fila i principali passaggi per gestire in digitale tutto il ciclo attivo e passivo di fatturazione, sottolineando in particolare i vantaggi di tagliare le fasi di data entry. In più, il Consiglio nazionale sta preparando una piattaforma per emettere e ricevere le e-fatture da offrire gratuitamente agli iscritti. Ancot, invece, una delle associazioni dei consulenti tributari, ha presentato nei giorni scorsi una piattaforma (Lisa) che consente di gestire il ciclo attivo e passivo anche da smartphone . «Il socio pagherà in base al numero di account richiesti e non a fattura» spiega il presidente di Ancot service, Celestino Bottoni a un prezzo definito «concorrenziale».
Di soluzioni naturalmente il mercato ne offre per tutte le tasche: dal kit di base, l’app gratuita delle Entrate e l’applicativo di Infocamere, fino ai prodotti di alta gamma. Le offerte sul mercato si basano su “pacchetti” di fatture con un costo medio di 0,4-0,5 centesimi l’una. Assosoftware ha elaborato un gestionale con uno standard “arricchito” che contiene più dati di quelli obbligatori e consente di importare in automatico la fattura nella prima nota. A richiesta si può avere un hub di trasmissione integrato con il servizio di interscambio con modalità tecnologiche potenti per invii massivi (e chat in tempo reale con i clienti).
Prodotti «top» per i grandi studi e per chi è disposto a investire parecchio. Ma sul «business» generato da questo adempimento l’associazione delle software house non azzarda, per ora, previsioni. «Molte aziende stanno ancora rivedendo la politica dei prezzi – precisa Mariotti – perché le specifiche tecniche sono state definite da poco». Ed è di pochi giorni fa (si veda il Sole 24 ore del 7 giugno) l’annuncio che un’eventuale trasmissione della fattura allo Sdi in lieve ritardo non incapperà in pesanti sanzioni.
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