Giusto togliere il cane alla famiglia che lo lascia da solo per due settimane, anche se con acqua e cibo. Lo ha deciso la Cassazione respingendo il ricorso di una donna che si era opposta al decreto di sequestro preventivo dell’animale firmato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Chieti relativamente al reato di maltrattamento di animali. Nel respingere il ricorso la Cassazione ha riportato le testimonianze dei vicini della famiglia secondo i quali la donna (assieme alla famiglia e a un altro cane) «si era allontanata dall’abitazione nelle due settimane precedenti lasciando il cane incustodito all’interno del cortile e che i passanti, impietositi dalle precarie condizioni di salute dell’animale, avevano provveduto allo stesso fornendogli cibo ed acqua attraverso le grate del cancello».
A nulla è valsa la difesa della donna secondo cui la presenza di acqua «dimostrerebbe la quotidiana cura del cane» perché «l’acqua nella ciotola non poteva essere stata messa dai vicini, perché le ciotole non passano attraverso il cancello».
Secondo la donna, inoltre, le condizioni in cui il veterinario aveva trovato il cane erano dovute alla leishmaniosi (malattia dalla quale l’animale era affetto da tempo) e non all’abbandono.
La Cassazione non ha però accolto la sua tesi e ha condannato la donna al pagamento delle spese processuali e della somma di 2mila euro in favore della Cassa delle ammende.
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