È stato svenduto a personaggi di spicco della politica e della sanità il patrimonio immobiliare del Pio Albergo Trivulzio. Una conclusione che ha portato la Corte di cassazione a confermare la condanna per abuso d’ufficio e turbativa d’asta a carico di Carlo Trabucchi e Fabio Nitti, rispettivamente ex presidente ed ex direttore generale del Pio Albergo Trivulzio.
Avallata anche la condanna, per turbativa degli incanti, per Carlo Antonio Mobilia, ex direttore generale della Asl di Milano e poi dell’Azienda Ospedaliera San Carlo, questa volta nella veste di beneficiario della vendita di un immobile.
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La Suprema corte ha depositato ieri le motivazioni (sentenza 37869) con le quali ha messo la parola fine alla vicenda “affittopoli” per lo scandalo dei prezzi fuori mercato garantiti a politici e manager pubblici, che hanno potuto riscattare parte dei 1400 immobili dell’ente, tra il 2007 e il 2010, senza passare per la gara pubblica ma beneficiando di un diritto di prelazione “mirato” ad alcuni personaggi, che, seppur non legati direttamente ai vertici del Pat condividevano con loro un’appartenenza politica. Non passa la tesi della difesa secondo la quale il management non avrebbe violato alcuna norma nel saltare il passaggio della gara pubblica, non essendo più applicabile alle Aziende dei servizi alla persona - risultato della trasformazione delle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e beneficienza - la disciplina della contabilità di Stato.
Un assunto che i giudici non hanno condiviso, perché la scelta della forma pubblica, con il vantaggio tra l’altro di fruire degli sgravi fiscali destinati ai soggetti giuridici di diritto pubblico, non ha comportato un esonero della norme previste in via generale per gli enti pubblici: contabilità dello Stato compresa. Ma anche se così non fosse con le dismissioni a corsie “preferenziali” è stato violato il principio di imparzialità al quale è tenuta la pubblica amministrazione che impedisce al funzionario di usare il suo potere per fare favoritismi. E che questi ci siano stati per la Cassazione non c’è dubbio. Consulenze di “comodo” che aprivano alla vendita senza incanto portate al Cda anche se non all’ordine del giorno e “prescelti” che gravitavano nello stesso gruppo politico degli imputati, provano l’abuso d’ufficio e il dolo specifico.
Per quanto riguarda quest’ultimo punto la Suprema corte precisa che la prova del dolo intenzionale, va cercato andando oltre il comportamento non in linea con la legge, guardando allo scopo che ispira il comportamento, ed è irrilevante la compresenza di una finalità pubblicistica «salvo che il perseguimento del pubblico interesse costituisca l’obiettivo principale dell’agente». I giudici hanno confermato il diritto del Pio albergo Trivulzio, parte civile, al risarcimento del danno subìto. Infine, ha beneficiato della prescrizione dei reati l’ex dirigente dell’ente, Gianni Iamele che, a differenza di Trabucchi, non aveva rinunciato alla possibilità di avvalersi dell’istituto.
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