Mentre la politica dibatte sull’applicazione della recente legge anticaporalato e su un problematico potenziamento dei controlli da parte degli ispettori del lavoro, una sola, vecchia norma potrebbe contribuire a debellare il fenomeno: il Codice della strada. In fondo, contiene le misure di contrasto più semplici da applicare. Ma di fatto non si può utilizzare bene nemmeno quello: il presidio delle forze di polizia sulle strade finora è stato carente anche nelle principali strade delle zone dove il caporalato è un’emergenza accertata, come Il Sole 24 Ore ha denunciato ieri per il Foggiano.
Il Codice della strada può essere già da solo un’arma importante perché il caporalato ha bisogno dei pulmini che trasportano i braccianti. E questi pulmini sono quasi tutti in condizioni pessime o comunque irregolari. Tanto che un semplice controllo su strada, come quelli cui potrebbe venire sottoposto qualunque veicolo in qualunque momento, potrebbe accertare rapidamente violazioni che possono portare al ritiro o alla sospensione della carta di circolazione.
Le modifiche ai sedili
L’irregolarità più evidente è lo smontaggio dei sedili, sostituiti da panchette o addirittura semplici assi di legno per aumentare la capienza del mezzo. Operazione che peraltro rende impossibile utilizzare le cinture di sicurezza. È così che si spiega la morte di 12 braccianti nell’incidente dell’altro ieri a Lesina, su un mezzo che legalmente ne può trasportare nove (conducente compreso).
L’articolo 78 del Codice della strada punisce con una multa di 422 euro e il ritiro della carta di circolazione tutte le modifiche non autorizzate alle caratteristiche tecniche del mezzo. Il ritiro, che dura fino a quando si dimostra di aver rimesso il veicolo in regola, esclude che si possa continuare a circolare.
Visto che spesso i pulmini hanno targa estera (nel Foggiano, soprattutto bulgara), i 422 euro vanno pagati subito (anche solo a titolo di cauzione), pena il fermo amministrativo del mezzo. Peraltro, i caporali tendono a non farsi trovare con molti soldi in tasca o con moneta elettronica, per cui è molto probabile che si concretizzano le condizioni per procedere al fermo.
L’uso diverso
Meno semplice è contestare un’altra infrazione prevista dal Codice, all’articolo 82: l’adibizione del veicolo a un uso diverso da quello per il quale è stato immatricolato. Sostanzialmente, i caporali portano i braccianti sui campi di lavoro trattenendosi una somma per il “servizio” di trasporto loro reso. Così si può argomentare che il veicolo venga impiegato per un’attività a fine di lucro, cosa che sarebbe esclusa per i mezzi immatricolati «a uso proprio».
L’uso diverso è punito con una multa di 85 euro e la sospensione della carta di circolazione per un periodo da uno a sei mesi (decide il Prefetto, che verosimilmente per i casi di sospetto caporalato si avvicinerà al massimo previsto). Per i recidivi, la sospensione è da sei a 12 mesi.
Contro chi circola lo stesso
Naturalmente i caporali, tanto più in zone dove la legalità è bassa, potrebbero infischiarsene del ritiro e della sospensione della carta di circolazione. Ma dovrebbero comunque passare alle solite ore dalle solite strade, note alle forze dell’ordine. Appostamenti costanti, oltre a dimostrare la reale volontà dello Stato di combattere il caporalato, potrebbero portare ad accertare la circolazione con documenti ritirati, che può portare a sottrarre il veicolo a chi lo usa.
L’articolo 216 del Codice della strada punisce la circolazione con documenti ritirati con una multa da 2.006 a 8.025 euro (decide il Prefetto) e il fermo amministrativo per tre mesi. Per i recidivi c’è la confisca.
Spesso queste procedure si rivelano macchinose da espletare. Tanto più da parte di corpi di polizia che non hanno organici sufficienti per seguire tutte le pratiche e sono alle prese con trasgressori consci dei problemi di applicazione delle norme. Ma forse le norme anticaporalato sono ancora più difficili da utilizzare.
La targa estera
Spesso i caporali preferiscono usare veicoli con targa dell’Est, per rendere più difficili i controlli e risparmiare, evitare le multe stradali irrogate senza fermare subito il trasgressore e risparmiare sulle spese di bollo e assicurazione pagandoli nel Paese d’immatricolazione (ammesso che si pongano il problema di pagare).
Se si controllasse il territorio più assiduamente e con sistemi di videosorveglianza “intelligenti”, forse si riuscirebbe anche a dimostrare che circolano in Italia abusivamente: emergerebbe che si trovano sul territorio nazionale da più di un anno, limite massimo di permanenza con targa estera stabilito dall’articolo 132 del Codice della strada.
Ma la norma non è facile da applicare, perché va incrociata con quelle doganali e con il fatto che molto dipende dallo Stato di residenza del conducente. Restano anche zone d’ombra nelle norme europee sulla libertà di circolazione di persone e beni. Per questo, non di rado le forze di polizia preferiscono non addentrarsi in questioni la cui complessità può anche vanificare il lavoro.
Inoltre, le sanzioni previste dall’articolo 132 sono limitate: appena 85 euro di multa. La norma prevede anche «l’interdizione all’accesso sul territorio nazionale», espressione che dopo l’eliminazione delle frontiere terrestri diventa tanto ambigua da rendere questa misura pressoché inapplicabile.
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