Frode in commercio per il presidente del Cda di un ristorante di élite, se nel menu non sono adeguatamente evidenziati i prodotti surgelati. E il reato scatta a prescindere dall’ottima qualità degli alimenti e dal fatto che siano stati trattati a regola d’arte. Non basta neppure che i clienti siano informati della possibilità di rivolgersi al personale di sala per avere notizie sui prodotti.
La Cassazione (sentenza 38793) respinge il ricorso del presidente del Cda di un noto ristorante milanese. Per i giudici l’uso di prodotti trattati con l’abbattitore era un’evenienza non rara. E la circostanza non si poteva dedurre neppure dai prezzi. Né poteva essere lasciata al cliente l’iniziativa di informarsi, perché solo i più accorti avrebbero potuto farlo. Il ricorrente aveva fatto presente che il riferimento al costo dei piatti era non pertinente . In un posto che non era «una trattoria di periferia» sui prezzi incidevano vari elementi: dall’alta qualità delle materie prime usate, all’ambiente, fino al livello del servizio. Ma i giudici avvertono che non ci si può appellare neppure alla normativa comunitaria che prevedeva l’equiparazione tra prodotti surgelati e freschi, perché valeva solo ai fini igienico-sanitari e non civili. Il cliente va informato con una grafica che non sfugga alla sua attenzione.
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