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Pace fiscale, ecco le quattro verifiche per capire chi è…

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verso la manovra: liti e cartelle

Pace fiscale, ecco le quattro verifiche per capire chi è «ammesso» e chi è fuori

La fattibilità e la convenienza della pace fiscale dipenderanno da quattro fattori: l’ammontare delle somme contestate dal Fisco; lo stato dell’eventuale contenzioso; la presenza di debiti Iva e il raccordo con le rottamazioni delle cartelle già in corso.

Partiamo dall’ultimo punto. Lunedì 1° ottobre è una data fondamentale per chi, nei mesi scorsi, ha scelto di rottamare le cartelle: questa è la data, infatti, alla quale bisognerà risultare in regola con i versamenti per poter beneficiare del piano di rateazione ancora più favorevole che si è ipotizzato di introdurre insieme alla pace fiscale.

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Per chi non ha aderito alla rottamazione, la pace fiscale per ora è un’opportunità dai contorni sfumati. Che diventeranno nitidi solo nei prossimi giorni o, anzi, nelle prossime settimane al termine del percorso parlamentare. Fin da adesso, però, si possono individuare le variabili decisive.

L’elemento di partenza sono le cifre richieste dal Fisco. L’ipotesi iniziale di un massimo di 100mila euro per contribuente è lievitata fino a 500mila euro nel Piano nazionale delle riforme (Pnr), anche se per la Lega la soglia ideale è un milione di euro, come ha confermato venerdì scorso il viceministro all’Economia, Massimo Garavaglia.

I dati delle Entrate sulle cartelle non riscosse (871 miliardi anche sono circa 50 quelli realisticamente recuperabili) mostrano che il 96% dei contribuenti ha importi inferiori a 100mila euro. Il problema, però, è legato alla distribuzione dello stock. Perché a questi stessi contribuenti è riconducibile meno del 20% del “magazzino”, che sale poco sopra il 30% includendo chi ha cifre fino a 500mila euro. Detto diversamente, i due terzi dell’arretrato dipendono dai grandi evasori.

ILQUADRO
Il dettaglio delle cartelle esattoriali e delle liti con il fisco. Dati in % (Nota: (*) Valore al 31 dicembre 2017 di cui la bozza di Pnr stima effettivamente recuperabili circa 50 miliardi - Fonte: elaborazioni su dati direzione Giustizia tributaria Mef e agenzia delle Entrate-Riscossione)

Le forze politiche dovranno trovare un punto d’intesa che tenga conto delle esigenze di equità, ma anche di gettito. Nell’attesa, i potenziali interessati possono iniziare a valutare la propria posizione, considerando che di solito la cifra limite include, oltre l’imposta, gli interessi e le sanzioni.

Un’altra variabile è l’eventuale pendenza di una lite con il Fisco. Innanzitutto, bisognerà capire se il limite massimo per aderire alla pace fiscale sarà unitario (liti più cartelle) o se si potrà beneficiare di plafond differenziati. In seconda battuta, va analizzato lo stato del processo. Secondo le prime ipotesi circolate prima del Consiglio dei ministri del 27 settembre, la pace fiscale dovrebbe escludere le cause pendenti in Cassazione, ma ancora non si sa quale sarà la data alla quale il giudizio dovrà risultare pendente in primo o secondo grado per poter rientrare nella sanatoria. Di fatto, l’esclusione delle liti davanti alla Suprema corte interesserebbe poco più dell’11% del contenzioso tributario.

Se guardiamo alle cifre in ballo, in commissione tributaria provinciale nove cause su dieci valgono meno di 100mila euro, quota che scende a otto su dieci in appello. Rispetto alle cartelle, però, c’è una variabile in più: la situazione processuale (per le liti in primo grado) e l’esito della prima sentenza (per quelle in secondo). Chi ha vinto o ha buone chance di farlo, può temporeggiare in attesa di conoscere i dettagli della pace fiscale, ma non è detto che alla fine aderirà. D’altra parte, non si conosce ancora il bilancio ufficiale della definizione agevolata delle liti dell’anno scorso: molti sospettano un flop dovuto proprio alla scarsa convenienza dell’istituto per chi aveva già vinto una “tappa” del processo.

Il quarto fattore riguarda il tipo di tributo. Per l’Iva, regolata a livello comunitario, una sanatoria dell’imposta è ipotizzabile solo nel caso delle liti (per il resto, si possono scontare solo sanzioni e interessi, si veda l’articolo a fianco). Allora, a parità di cifre totali, chi ha debiti fiscali riguardanti l’Iva e le imposte dirette, dovrà mettere in conto un costo più elevato per chiudere la partita con il Fisco, rispetto a chi ha solo cartelle su Ires e Irap.

Sempre sotto il profilo oggettivo, bisognerà poi capire se saranno inclusi anche i debiti contributivi (come si è ipotizzato) e quelli con gli enti locali (come prevede il Ddl presentato da Maurizio D’Ettore, Forza Italia). Due allargamenti che pesano per circa il 17% del magazzino delle cartelle.

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