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Dossier Da Torino a Venezia è il caos dei mille campanili

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Dossier | N. 509 articoliCircolazione stradale

Da Torino a Venezia è il caos dei mille campanili

(Marka)
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Man mano che i blocchi del traffico diventano più severi, diventa sempre più difficile per i guidatori capire se possono circolare in un determinato centro abitato. E, soprattutto, aumentano gli attriti fra i Comuni, che devono fissare i divieti nei dettagli e farli rispettare, e le Regioni, che fissano le regole generali ed erogano fondi per gli incentivi alla rottamazione e la segnaletica.

Si spiega così il fatto che solo ieri la Regione Piemonte abbia approvato il testo dell’ordinanza tipo che i Comuni dovranno emanare per il proprio territorio. Questo significa che in Piemonte difficilmente i divieti potranno entrare in vigore già lunedì: occorrerà attendere che le amministrazioni comunali provvedano. Tutto è stato rallentato dalle polemiche su come fissare le deroghe ai divieti e sulla soglia di popolazione al di sopra della quale rendere obbligatori i divieti. Alla fine si è deciso di coinvolgere i Comuni dell’Area metropolitana torinese e quelli con più di 20mila abitanti; l’accordo di programma tra le Regioni prevede che le misura si debbano applicare prioritariamente ai centri con più di 30mila abitanti in cui ci sia un servizio adeguato di trasporto pubblico, in zone dove sia stato superato il limite di concentrazione degli ossidi di azoto e/o quello delle polveri sottili PM10.

In Veneto, invece, le ordinanze non hanno tardato. Ma le polemiche non sono mancate: i sindaci di Verona, Belluno, Padova e Rovigo hanno scritto un documento congiunto per chiedere che anche Stato e Regione facciano la loro parte (dopo che i Comuni già lo scorso anno hanno fissato divieti più restrittivi della media, fermando anche le auto a benzina fino a Euro 2), con contributi e campagne informative. La Regione ha replicato duramente.

La polemica veneta fa capire che per i Comuni i blocchi del traffico sono più un problema che altro: la gestione è difficile, i cittadini sono scontenti e anche il gettito delle multe, in fondo, è trascurabile. Infatti, i controlli sono difficili: contrariamente a qualche annuncio sin troppo “terroristico”, non è possibile accertare questo tipo di infrazione in modo automatico, per esempio con le normali telecamere in uso per vigilare sugli accessi alle Ztl (zone a traffico limitato). È il Codice della strada a stabilirlo e ogni tentativo dei Comuni di forzarne l’applicazione è stato fermato dal ministero delle Infrastrutture.

Nulla però vieta che le polizie locali usino le telecamere come ausilio agli agenti appostati a bordo strada, esattamente come proprio al Nord si fa non di rado per contrastare l’evasione dell’obbligo assicurativo Rc auto: la telecamera, collegata in tempo reale con la banca dati della Motorizzazione, rileva chi ha una classe Euro non ammessa a circolare e lo segnala subito alla pattuglia. Ma è pur sempre un’attività che distoglie personale a fronte comunque di un numero di multe limitato. Tanto più che il rischio di contenzioso non è basso. Infatti, la sanzione per questi divieti strutturali è piuttosto alta: 164 euro, contro gli 85 previsti per chi viola i blocchi temporanei che scattano nei giorni di emergenza inquinamento e gli altri divieti di circolazione decisi dai Comuni. Quindi i trasgressori sono spinti a presentare ricorso.

Su cosa si basano? Sull’assenza di segnaletica sufficiente. La Cassazione ha stabilito che occorre mettere segnali a tutti gli accessi al centro abitato, ma la sentenza riguardava i blocchi temporanei. Ciò non toglie che molti possano provare lo stesso il ricorso.

La questione della segnaletica fa capire come sia difficile la vita di un automobilista che voglia recarsi in una città diversa da quelle che frequenta abitualmente. Non solo perché è pressoché impossibile mettere cartelli proprio a ogni accesso. Ma anche perché questi cartelli devono contenere tante di quelle specificazioni da presentare un testo lungo, impossibile da leggere mentre si è in marcia.

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