Con la sentenza 188 del 19 ottobre, la Corte costituzionale, pronunciandosi in materia di contributi consortili, ha ribadito alcuni princìpi. L’occasione è stata data da una norma della regione Calabria (Lr 11 / 2003, articolo 23, comma 1, lettera a) la quale, con dispositivo additivo sostitutivo, è stata dichiarata incostituzionale nella parte in cui prevede che il contributo consortile di bonifica, quanto alle spese per il conseguimento dei fini istituzionali, sia dovuto «indipendentemente dal beneficio fondiario».
È il beneficio che dimensiona gli indici di contribuenza di ciascun immobile ricadente nel comprensorio del consorzio e che individua la capacità contributiva che giustifica l’imposizione. La Ctp di Cosenza (ordinanza 12 giugno 2017) censurava la norma che prevedeva il contributo anche in assenza di beneficio, con riferimento agli articoli 119 e 23 della Costituzione; da un lato perché, essendo il contributo previsto da legge statale e, dunque, non costituendo un tributo proprio della Regione, contrastava con le norme di settore e con lo stesso articolo 860 del Codice civile, norme che presuppongono che ci sia un beneficio per l’immobile ricadente nel territorio del consorzio; dall’altro perché, in violazione dell’articolo 23 della Costituzione, la norma non conteneva alcuna direttiva sul presupposto dell’obbligo di pagamento.
La Corte ha ritenuto fondata la questione per contrasto con l’articolo 119 della Costituzione, chiarendo i limiti della competenza del legislatore regionale e il carattere tributario del contributo. Quanto ai contributi consortili, il legislatore regionale può regolamentarli, tenendo però conto che, nella misura in cui è riconosciuta la natura tributaria di queste prestazioni, segnatamente di «tributo derivato sui generis», opera il limite dell’articolo 119, secondo comma della Costituzione, che prescrive il rispetto dei princìpi di coordinamento della finanza pubblica. Per diritto vivente il contributo ha natura tributaria: conformemente alla sua struttura non sinallagmatica, costituisce un contributo di scopo. Ne deriva un vero e proprio potere impositivo del consorzio verso i consorziati, sul presupposto dell’inclusione dell’immobile nel comprensorio: «Il beneficio che giustifica l’assoggettamento a contribuzione non è legato, con nesso sinallagmatico di corrispettività, all’attività di bonifica, come sarebbe se si trattasse di un canone o di una tariffa».
La Corte riafferma il principio di capacità contributiva, riportando a legittimità la norma. Per principio del sistema tributario, il beneficio derivante agli immobili del comprensorio è presupposto per l’assoggettamento alla contribuzione consortile, e ciò in sostituzione della non rilevanza del beneficio: «Nel caso dei contributi consortili di bonifica, il beneficio per il consorziato-contribuente deve necessariamente sussistere per legittimare l’imposizione; esso però consiste non solo nella fruizione, ma anche nella fruibilità, comunque concreta e non già meramente astratta, dell’attività di bonifica che, in ragione del miglioramento che deriva all’immobile del consorziato, assicura la capacità contributiva che giustifica l’imposizione».
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