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Pensioni, quando e a chi conviene quota 100

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Pensioni, quando e a chi conviene quota 100

Andare in pensione prima comporta una riduzione della pensione: perché si lavora di meno e si allunga il periodo di incasso della rendita. Ma, a conti fatti in molti casi, la scelta di prendere di meno e prima può risultare più conveniente. Un paradosso? Forse, ma è il caso di mettere in fila tutti i numeri per poter mostrare le differenti opzioni e mettere i lavoratori nelle condizioni di decidere lucidamente. E ricordare che per il momento stiamo parlando di un’ipotesi: quella che prevede la sostituzione dell’attuale normativa - ritoccata l’ultima volta in occasione del decreto Salva Italia a fine 2011 e a tutti nota come “Fornero” - con la reintroduzione del sistema delle quote e in particolare 62 anni anagrafici e 38 di contributi. Quota 100, annunciata nei mesi scorsi, potrebbe entrare in vigore nel corso del 2019 attraverso un decreto legge (ultima opzione in ordine di tempo) o un disegno di legge (penultima), e dovrebbe avere due pilastri: la volontarietà della scelta da parte del lavoratore e l’impossibilità di cumulare pensione e reddito da lavoro per tre anni dal pensionamento.

Le audizioni parlamentari su questo progetto di riforma si sono concentrate sul tema costi dell’operazione lungo due direttive: i costi per il sistema pensionistico - ossia per l’Inps, con il saldo per competenza tra mancati contributi previdenziali non versati da chi va in pensione prima e le maggiori uscite in termini di rendita a vantaggio di costoro - e i costi per i singoli, perchè come detto secondo il sistema contributivo le rendite pensionistiche sono in funzione di quanto versato in termini di contributi. L’Ufficio parlamentare di Bilancio, in particolare, ha calcolato una pensione maturata a 62 anni comporta una riduzione del fino al 34,7% rispetto a una avviata a 67 anni.

La materia è delicata e le scelte personali, che terranno conto di aspetti esistenziali (trasferirsi o no per stare vicino ai figli da pensionati) e professionali («val la pena lasciare proprio ora?»). Non sarà facile prendere una decisione mettendo insieme tutti gli aspetti. Uno di questi è meramente economico o quantitativo.

La simulazione
Ipotizziamo il caso di un impiegato nato il 1/1/1957 che ha iniziato a lavorare il 1/1/1981 con un reddito lordo di 25.597 euro l’anno, che potrebbe salire al ritmo dell’1,5%. Per aiutarci in questa operazione abbiamo chiesto aiuto a Epheso, società informatica che si occupa di database previdenziali, e che gestisce software di calcolo pensionistico. In caso di pensionamento con l’attuale normativa il soggetto in questione andrà ad incassare una rendita lorda di 20.420 euro l’anno, ossia 16.216 netti. In caso di pensionamento con quota 100 ossia a 62 anni il nostro impiegato andrebbe a incassare un assegno pensionistico di 15.479 euro lordi ossia 12.890 euro annui.

La differenza è evidente, ma l’ammontare pensionistico non dice tutto delle cifre in gioco: perchè chi va in pensione a 62 anni “risparmia” cinque anni di contributi previdenziali, che invece paga chi resta al lavoro fino a 67. Cumulando le somme complessive delle due opzioni emerge un montante pensionistico che a 90 anni vale 374mila euro circa per chi va in pensione a 62 anni e per chi invece aspetta i 355mila euro circa, frutto della sottrazione tra i 389mila di rendita pensionistica meno i 34mila di contributi versati.

IL CALCOLO DI CONVENIENZA

Com’è evidente il vantaggio di andare in pensione prima si riduce man mano che si avanza con l’età, fino ad annullarsi al 95esimo anno anagrafico: dopodiché, conviene in termini assoluti essere andati in pensione dopo. È di tutta evidenza che un vitalizio è tanto più generoso quanto più lungo il periodo di fruizione. Gli studi riguardanti la longevità sono molto interessanti ma ovviamente è il caso di distinguere quello che è un dato statistico generale con l’interesse particolare, visto che non è decidibile l’età in cui si terminerà di percepire una rendita pensionistica.

È appena il caso di sottolineare che la materia è ancora in divenire, come detto, e oltre alla questione anagrafica in gioco ci sono molti altri fattori come l’opzione donna, che interessa milioni di lavoratrici, che attendono chiarimenti per quanto riguarda la possibilità di andare in pensione prima. Inoltre, non è da escludersi che l’introduzione di clausole di salvaguardia nella legge di bilancio 2019 modifichino l’assetto e i calcoli previdenziali riassunti fin qui .

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