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Genova, Castellucci annuncia uscita da Autostrade e presenta memoria ai Pm

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crollo ponte morandi

Genova, Castellucci annuncia uscita da Autostrade e presenta memoria ai Pm

(aNSA)
(aNSA)

Giovanni Castellucci, amministratore delegato di Autostrade per l’Italia (Aspi), probabilmente ad oggi il più importante fra i 21 indagati per il crollo del Ponte Morandi si è avvalso della facoltà di non rispondere. Castellucci ha però rilasciato dichiarazioni spontanee. Il manager ha poi fatto intendere la prossima uscita dal vertice di Autostrade per l’Italia. «Il gruppo Atlantia è diventato un gruppo ancora più importante a livello globale, il più grande al mondo nel settore delle infrastrutture. Il processo di progressiva riduzione di responsabilità e di uscita da Autostrade per l'Italia che è iniziato prima di questa tragedia riprenderà a breve», ha affermato l’ad di Autostrade.

L’avvocato di Giovanni Castellucci, Paola Severino ha poi sottolineato che «Castellucci ha ritenuto doveroso depositare una memoria ricostruttiva di tutti gli interventi da lui disposti in qualità di Ad a seguito dei fatti del 14 agosto».
L’avvocato ha poi aggiunto, in merito al fatto che Castellucci parlerà con i pm una volta che l'incidente probatorio sarà concluso, che in «considerazione della gravità e della complessità dei tragici fatti al vaglio della magistratura - ha
detto Severino - abbiamo ritenuto opportuno dichiarare la disponibilità dell'ingegner Castellucci a rispondere nei limiti delle competenze che fanno capo a lui e delle deleghe previste dall'organizzazione della società una volta concluso l'incidente probatorio e una volta che siano state ricostruire le cause
dell'evento e ne siano state tratte l'eventuali specifiche contestazioni».

Finora tutti i dirigenti della società, tranne uno, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Qualche elemento della linea difensiva del manager può essere desunto dal suo atteggiamento davanti alla commissione ispettiva ministeriale che lo ha sentito il 13 settembre e dalla sua difesa nel processo di Avellino per la strage del bus precipitato dal viadotto Acqualonga dell’A16 (40 morti). Qui il pm ha chiesto per Castellucci e per gli altri imputati di Aspi 10 anni di reclusione.

Tra quelli che si aspettavano che il manager oggi facesse scena muta c’erano proprio i pm di Genova. A loro il 31 ottobre - dopo i primi interrogatori di dirigenti Aspi che hanno fatto scena muta - l’Ansa attribuiva quello che può suonare come un invito a collaborare. I magistrati hanno ricordato che, secondo la Cassazione, l’amministratore delegato di una società concessionaria di servizi pubblici riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio.

«Non c’è un obbligo di rispondere alle domande durante l’interrogatorio - scriveva l’Ansa riportando il pensiero dei pm - ma “eticamente”, visto il ruolo pubblico che riveste, dovrebbe fornire dei chiarimenti e non avvalersi della facoltà di non rispondere».

E pochi erano stati i chiarimenti forniti di fronte alla commissione incaricata dal ministro di Toninelli di indagare sul crollo del Ponte Morandi e più in generale su come Aspi gestisce la rete che ha in concessione dallo Stato. Castellucci aveva esordito dicendo di voler chiarire solo pochi aspetti della vicenda, tra cui il come il progetto di retrofitting che era stato programmato per il viadotto sia stato approvato dal consiglio di amministrazione della società.

In sostanza, visto che il consiglio è composto in gran parte da economisti e giuristi, non sarebbe stato suo compito esprimere valutazioni tecniche sul progetto né sull’eventuale urgenza di metterlo in cantiere per evitare possibili crolli. Secondo la versione del manager, tutti questi aspetti sarebbero nella piena responsabilità delle «strutture tecniche» di Aspi.

Dichiarazioni in linea con la strategia difensiva già adottata ad Avellino, dove si discuteva se il cda dovesse far sostituire anche le barriere new jersey che hanno ceduto all’impatto con il bus. In particolare, secondo i legali della società, il cda doveva solo “vistare” il preventivo di spesa compilato dalle strutture tecniche, senza nemmeno occuparsi di interpretare la convenzione con lo Stato che vedeva Aspi impegnarsi a riqualificare le barriere: l’azienda ha sempre sostenuto che l’impegno valeva solo per le barriere di primo impianto (e le new jersey non lo erano), salvo chiarire che comunque questa era solo l’intepretazione della convenzione data dalle sue strutture tecniche.

Ciò corrisponde anche alla linea seguita nella comunicazione aziendale: da quando Aspi ha deciso di rispondere ad accuse o rilievi mossi dai media, lo ha fatto con dichiarazioni che - precisava - dovevano essere attribuite alle strutture tecniche.

Dunque, una strategia che pare voler soprattutto blindare Castellucci e il cda.

Quanto alla figura dell’amministratore delegato, però, la Cassazione ha espresso orientamenti diversi. Come nella sentenza 19284/2011, secondo cui l’ad, con l’accettazione della carica, assume doveri di vigilanza e controllo sull’andamento gestorio della società che si sostanziano in una posizione di garanzia e il cui mancato rispetto comporta responsabilità penale, per l’affermazione della quale sono sufficienti la sola consapevolezza che dalla condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato (dolo generico), ovvero l'accettazione del rischio che questi si verifichino (dolo eventuale).

Inoltre, l’amministratore di società (con o senza delega) è penalmente responsabile per la commissione dell’evento di cui viene a conoscenza anche al di fuori dei prestabiliti mezzi informativi e che, pur potendo, non provvede ad impedire (sentenze 14783/2018, 21581/2009, 36595/2009, 9736/2009, 45513/2008, 23838/2007). E risponde del reato omissivo contestatogli quale diretto destinatario degli obblighi di legge, anche se egli sia mero prestanome di altri soggetti che abbiano agito quali amministratori di fatto. L’accettazione della carica gli attribuisce, infatti, quale legale rappresentante, i doveri positivi di vigilanza e di controllo sulla corretta gestione della società (sentenza 10498/2045).

Una pronuncia più vicina al caso di Castellucci si trova nella sentenza 10857/2008, che tratta della posizione di garanzia che assume l’esercente un servizio ferroviario: secondo la Cassazione, egli è responsabile della sicurezza del servizio ed assume una posizione di garanzia non solo nei confronti del personale dipendente e dei viaggiatori, ma anche nei riguardi di terze persone che vengano in contatto con la ferrovia ogni qual volta il suo esercizio determini situazioni di pericolo eccedenti il normale rischio collegato all’attività.

A tutto questo si aggiunge la contestazione mossa dalla commissione ministeriale a Castellucci dopo la sua affermazione secondo cui, a un mese di distanza dal crollo del Ponte Morandi, non si era ancora fatta un’idea nemmeno delle possibili falle nelle procedure interne che avrebbero portato al disastro. Secondo il manager, le cause del crollo si capiranno durante il processo penale e nel frattempo l’operato delle strutture tecniche prosegue. Detto così, appariva che Aspi non si ponesse il problema di individuare subito potenziali pericoli sugli altri ponti e viadotti della propria rete (ben 666, limitandosi a considerare quelli lunghi più di 100 metri). Così i commissari gli hanno espresso le loro perplessità.

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