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Tar Sardegna nega permessi di soggiorno ad ambulanti per problemi di reddito

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Tar Sardegna nega permessi di soggiorno ad ambulanti per problemi di reddito

Il reddito da ambulante del cittadino straniero è basso e inattendibile e la Questura rigetta la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno. Il Tar respinge il ricorso e conferma il diniego. È il filo conduttore di tre sentenze pronunciate dal Tribunale amministrativo regionale della Sardegna e relative ad altrettanti provvedimenti adottati dal Questore di Nuoro in materia di permessi di soggiorno a tre ambulanti stranieri.

Nel 2012 viene rilasciato un regolare permesso di soggiorno «a seguito di regolarizzazione, poi convertito in permesso per lavoro autonomo (con scadenza 2015)» a un cittadino straniero «entrato illegalmente nel 2009».

All'atto della richiesta di rinnovo a settembre 2015 (l'ambulante aveva dichiarato un reddito di 8.195,00 euro) il rigetto da parte della Questura per via della «ritenuta “inutilità” del reddito dichiarato ai fini del soggiorno, in quanto percepito nello svolgimento di “imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità”, come tale asseritamente estraneo al concetto di “reddito complessivo” di cui all'articolo 8 del Testo unico sulle imposte redditi».

Tra gli altri motivi: «l'inverosimiglianza in fatto dello stesso reddito, perché non accompagnato dall'indicazione dei costi sostenuti per l'acquisto delle merci; le ripetute condotte di evasione fiscale e previdenziale poste in essere».

Provvedimento impugnato e ricorso respinto dal Tar. Per i giudici del tribunale amministrativo della Sardegna (sentenza 01029/2018) «è logicamente condivisibile l'assunto dell'Ufficio secondo cui -non essendo concepibile alcuna attività commerciale senza costi, in particolare quelli per l'acquisto dei prodotti da rivendere- la mancata indicazione e documentazione degli stessi costituisce elemento presuntivo di inesistenza del reddito dichiarato». Poi è «onere del ricorrente, in assenza di indicazioni di segno contrario da parte dell'Amministrazione, precostituirsi i mezzi necessari ad avvalorare l'attendibilità del reddito da dichiarare successivamente».

Questo, si legge nel provvedimento, «in omaggio alle regole generali che sovrintendono al meccanismo probatorio: basti pensare che, ove così non fosse, qualunque soggetto richiedente il rinnovo del titolo di soggiorno sarebbe sostanzialmente “libero di inventarsi”, di volta in volta, il possesso del reddito necessario (semplicemente indicandolo in dichiarazione) e, in tal modo, di aggirare le soglie reddituali previste dalla normativa vigente». L'inattendibilità del reddito da lavoro autonomo dichiarato in relazione in quanto non accompagnato dall'indicazione dei costi sostenuti per l'acquisto delle merci è uno dei nodi della senza (01028/2018) con cui il Tar respinge il ricorso presentato da un altro cittadino straniero che nel 2013 si era visto rigettare sempre a Nuoro la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno.

In questo caso l'uomo «causa il mancato pagamento dei contributi previdenziali da parte del proprio datore di lavoro aveva chiesto la conversione del suddetto titolo in permesso di soggiorno per lavoro autonomo (commercio ambulante), che gli era stato poi rilasciato». Poi la richiesta di rinnovo e il diniego. Per i giudici l'uomo, che aveva presentato per il 2015 una dichiarazione dei redditi da 5.990 euro e per il 2016 di 8.350 euro, aveva « l'onere di precostituirsi i mezzi necessari ad avvalorare l'attendibilità del proprio reddito da (successivamente) dichiarare e questo in omaggio alle regole generali che sovrintendono a qualunque meccanismo probatorio».

L'insufficienza del reddito da lavoro subordinato «relativo agli anni 2009, 2011 e 2012, in quanto inferiore alla soglia di partecipazione alla spesa sanitaria, nonché la mancata dichiarazione di redditi relativi agli anni 2010, 2013 e 2014» sono gli elementi su cui si fonda il rigetto del rinnovo del permesso di soggiorno (decisione confermata dal Tar con sentenza 01027/2018) da parte della Questura di Nuoro a un cittadino straniero «entrato illegalmente nel 2008», regolarizzato grazie a un contratto da operaio e collaboratore domestico prima di intraprendere l'attività di venditore ambulante.

Tra i motivi del ricorso il fatto che il ricorrente si giovasse dell'aiuto economico di parenti e amici residenti in Italia. Una «circostanza generica - scrive il tribunale - non provata e di per sé irrilevante, non potendo l'Amministrazione attribuire rilievo agli “aiuti” asseritamente percepiti da soggetti non appartenenti al nucleo familiare dell'interessato, come tali inevitabilmente “instabili” e perciò non costituenti veri e propri “mezzi di sussistenza”».

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