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sei regioni pronte al ricorso

Decreto sicurezza: «Niente anagrafe con la sola richiesta d’asilo». La norma al centro dei ricorsi delle Regioni alla Consulta

Dal 5 ottobre 2018 il permesso di soggiorno per richiesta di asilo non consente più l’iscrizione all’anagrafe, pur valendo come documento di riconoscimento.
Lo prevede l’articolo 13 del decreto sicurezza ( Dl 113/2018) che modifica, quindi, quanto previsto dal decreto legislativo 142/15 in materia di domiciliazione e iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo.

È questa la norma “sul banco degli imputati” che secondo alcune Regioni presenta profili di «palese incostituzionalità che vanno ad impattare su tutte le più importanti materie di legislazione regionale quali salute, assistenza sociale, diritto allo studio, formazione professionale e politiche attive del lavoro e l'edilizia residenziale pubblica» come dichiarato da Antonio Bartolini, assessore dell’Umbria, la prima regione a passare dalle parole ai fatti contro il decreto sicurezza, approvando oggi 7 gennaio la mozione per il ricorso alla Consulta.

Partita da un gruppo di sindaci, in testa Leoluca Orlando di Palermo, la battaglia si è spostata alle Regioni che a differenza dei Comuni possono ricorrere direttamente alla Corte costituzionale, senza passare prima da un giudice. Secondo i governatori, l'eliminazione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari e del diritto di residenza ai richiedenti asilo sta creando “caos” applicativo su materie di competenza regionale quali salute, assistenza sociale, diritto allo studio, formazione professionale, edilizia residenziale pubblica. Anche Toscana ed Emilia Romagna hanno deliberato il ricorso alla Consulta.

«Impugniamo solo le parti che stanno generando conflitto e confusione - ha dichiarato Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna - cioè quelle che più direttamente riguardano Regioni e Comuni. Le leggi non si disapplicano ma si contrastano nelle sedi opportuno, per cambiarle». In particolare, «stiamo esaminando gli effetti che determina il potenziale conflitto tra norme vecchie ma non abolite e nuove disposizioni, ad esempio in materia di iscrizione all’anagrafe e residenza. La sanità, per fare un esempio, è competenza regionale e assicurare a tutte le persone il diritto ad accedere alle prestazioni sanitarie è compito nostro».

Anche Piemonte, Calabria e Sardegna sono pronte a ricorrere alla Consulta, portando in giunta la stessa proposta.

Ma vediamo quali sono le novità introdotte dall’articolo 13 del decreto sicurezza.
Da un lato, si esplicita che il permesso di soggiorno per richiesta di asilo costituisce un documento di riconoscimento (in base a quanto stabilito dal Dpr 445/2000).
Dall’altro lato, si stabilisce che lo stesso permesso di soggiorno non è sufficiente per l’iscrizione anagrafica. A questo proposito si ricorda che l’anagrafe della popolazione residente è la raccolta sistematica dell’insieme delle posizioni relative alle singole persone, alle famiglie e alle convivenze che hanno fissato nel comune la residenza, nonché delle posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel comune il proprio domicilio.

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L’articolo 6, comma 7, del Testo unico sull’immigrazione stabilisce che le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle stesse condizioni dei cittadini italiani, con le modalità previste dal regolamento di attuazione. In ogni caso la dimora dello straniero si considera abituale anche in caso di ospitalità (documentata) da più di tre mesi presso un centro di accoglienza. Dell’avvenuta iscrizione o variazione l’ufficio dà comunicazione alla Questura territorialmente competente.

Pertanto il decreto sicurezza deroga al principio espresso nel Testo Unico per i titolari di un permesso di soggiorno per richiesta asilo, che non possono più iscriversi all’anagrafe. L’esclusione dall’iscrizione anagrafica è giustificata dalla precarietà del permesso di soggiorno per richiesta asilo e risponde alla necessità di definire in via preventiva la condizione giuridica del richiedente, anche se il tempo per concludere in via amministrativa e, poi, giudiziaria l’”iter” della richiesta non è mai stato inferiore ai tre anni.
Si sottolinea infine che l’iscrizione anagrafica rappresenta il presupposto per l’esercizio di alcuni diritti sociali. Secondo i governatori regionali che contestano il decreto, la nuova norma compromette il diritto alle cure mediche, allo studio, comprese le provvidenze per gli studenti universitari, la formazione professionale, e interrompe il percorso di integrazione generando insicurezza sociale.

Sul piede di guerra restano anche molti sindaci, ma il fronte non è compatto: il 10 gennaio ci sarà il direttivo Anci, il cui vice presidente, Roberto Pella, Forza Italia, invita a «rispettare sempre la legge».
Salvini da parte sua tira dritto: «Per la strada la gente mi dice: vai avanti».
«Mi sto facendo mandare il dati sul numero di cittadini umbri, piemontesi e toscani che aspettano una casa popolare. Mi fa specie che, invece di dare la casa ai cittadini italiani le Regioni si preoccupino di migranti».

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