La Cassazione bolla come inammissibile, perché tardivo, il ricorso presentato dall’ex segretario della Lega Nord Umberto Bossi, e conferma dunque il maxi sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente dei conti dell’ex leader del Carroccio, fino a raggiungere la somma di 40 milioni di euro. Resta salva l’indennità parlamentare.
Il ricorso era scattato dopo la decisione con la quale il Tribunale di Genova, in veste di giudice di riesame e d’appello, aveva dato il via libera alla possibilità di sequestrare, anche in futuro, il
quinto della pensione da europarlamentare di Umberto Bossi, salvando l’indennità percepita come parlamentare italiano.
In quell’occasione i giudici del riesame avevano chiarito che l’impossibilità di sequestrare i beni futuri non si poneva
come ostacolo al sequestro del vitalizio percepito dal fondatore della Lega Nord in quanto «diritto di credito già maturato,
certo e incondizionato, corrisposto in rate mensili».
I magistrati avevano iniziato a congelare i conti di Bossi, dell’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito e dei tre ex revisori
contabili, dopo la sentenza di condanna in primo grado per concorso in truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni
pubbliche. I giudici genovesi avevano “esteso” il sequestro anche alle somme pervenute in futuro nei conti correnti di Bossi
«e su tutti i beni ricadenti nella sfera degli interessi economici del reo», anche in caso di un potere dispositivo esercitato
da terzi.
Bossi, con il ricorso in Cassazione, chiedeva il dissequestro dei conti in quanto provento di indennità mensile e diaria
parlamentare. Per i giudici però l’istanza è tardiva perché arrivata al Tribunale di Genova, che aveva emesso il provvedimento
cautelare, 15 giorni dopo la notificazione di quest’ultimo. Resta dunque fermo il via libera ad intaccare il patrimonio
dell’ex segretario della Lega Nord.
© Riproduzione riservata