Dopo il «primo antipasto» per un milione e mezzo di partite Iva è arrivata l’ora della fase due della flat tax: «Con la prossima legge di bilancio tutte le risorse disponibili devono essere impegnate nell’abbassamento delle imposte che sono la premessa necessaria per una autentica ripresa dell’economia». Uno «shock fiscale» urgente che secondo il sottosegretario alle Infrastrutture, Armando Siri - consigliere economico e braccio destro del vice premier Matteo Salvini che sta lavorando alla riforma del fisco targata Lega - si declina in due rivoluzioni: una flat tax con aliquota Irepf al 15% per i nuclei familiari che hanno redditi fino a 50mila euro e l’Ires dovuta dalle imprese che sarà ridotta di 4 punti dal 24% al 20% (con il contestuale addio alla mini Ires sugli investimenti appena nata).
Un’operazione corposa che costa circa 20 miliardi (14 finiranno in tasca alle famiglie) e con coperture che dovranno essere trovate secondo Siri bussando a Bruxelles - «chiederemo una maggiore flessibilità per un periodo di 3-5 anni» - e con la lotta agli sprechi, ma toccando e limando dove possibile anche altre voci di spesa: dal bonus 80 euro di Renzi, alle tax expenditures («ma con l’obiettivo sempre di abbassare le tasse»).
Sottosegretario Siri in cosa consiste questa fase due della flat tax a cui state lavorando?
Grazie alla manovra dell’anno scorso un milione e mezzo di famiglie stanno per sperimentare l’aliquota unica forfettaria al
15% con la quale risparmieranno 2 miliardi di euro. È stato un primo antipasto perché la disponibilità nella scorsa legge
di bilancio, con quota 100 e reddito cittadinanza, era ridotta. Adesso bisogna fare un salto di qualità prevedendo nella prossima
manovra un abbassamento dell’aliquota Ires per le società che passerà dal 24 al 20% e introducendo una riduzione del carico
fiscale sulle famiglie. Un intervento. questo, più impegnativo perché interviene in un sistema, quello attuale, progressivo
con 5 aliquote e scaglioni a cui si aggiungono detrazioni, deduzioni e bonus che si sono nel tempo accumulati rendendo tutto
più complicato e difficile.
Ma cosa vuol dire in concreto? L’aliquota ridotta al 15% si applica a tutti i contribuenti?
No. La tassa piatta al 15% varrà per le famiglie con redditi fino a 50mila euro di reddito. L’idea, infatti, è quella di creare
un sistema fiscale nuovo e parallelo rispetto a quello in vigore introducendo, e qui è la vera rivoluzione, una novità: non
sarà più il singolo contribuente a essere soggetto d’imposta, ma l’intero nucleo familiare. Per loro non ci saranno più detrazioni,
deduzioni e bonus del vecchio sistema che saranno assorbite in deduzioni fisse semplificando radicalmente il sistema.
Faccia degli esempi.
In una famiglia monoreddito di 4 persone con reddito di 33mila euro si applicherebbe una deduzione solo per il secondo figlio
di 1200 euro. Il risparmio per loro sarebbe di 1500 euro. Mentre marito, moglie e un figlio con un reddito di 18mila euro
risparmierebbero il 30% di tasse. Insomma il valore delle deduzioni sarà inversamente proporzionale al reddito.
E che succede per gli altri?
Per chi ha un reddito familiare superiore ai 50mila euro non cambia nulla. Resta in vigore il sistema con le attuali aliquote
Irpef (23%, 27%, 38%, 41% e 43%, ndr). In sostanza replichiamo quanto fatto con le partite Iva: creiamo una area di soggetti
di imposta che gode di un certo tipo di trattamenti. In attesa della fase tre.
Pensate in futuro alle tre aliquote Irpef citate su queste pagine dal Premier Conte e dal ministro Tria?
No. Noi puntiamo ad una flat tax per tutti con una aliquota che definiremo più avanti. Lo prevede il contratto tra Lega e
Cinque Stelle e lì vogliamo arrivare nei cinque anni di legislatura.
Quanto costa questa prima operazione?
Per le famiglie è un taglio fiscale di 14,5 miliardi sui redditi del 2020 che lo Stato dovrà coprire. In pratica è lo stesso
costo che abbiamo messo a bilancio per finanziare il reddito di cittadinanza e quota 100.
Sono coperture importanti. Attingerete, come ipotizza qualcuno, al bonus 80 euro di Renzi?
Stiamo facendo tutte le verifiche. Non vogliamo togliere ciò che è acquisito soprattutto per chi ha redditi più bassi. Ma
non è escluso che lo riformuleremo.
E le altre risorse?
Abbiamo due opportunità: innanzitutto dobbiamo puntare sul taglio degli sprechi. Ma poi dobbiamo ricorrere a una maggiore
flessibilità che metteremo sul piatto per avere una reale ripresa.
Sarà dunque una partita da giocare in Europa?
Chiederemo una maggiore flessibilità, ma non a tempo indeterminato. Ci servirà per un periodo che va dai 3 ai 5 anni per poi
rientrare negli obiettivi che ci sono stati fissati. Ora c’è una scadenza importante che è quella delle elezioni europee:
gli italiani possono decidere se vogliono una Europa solo di regole oppure una Europa che è attenta ai bisogni contingenti
di una fase economica complicata che stiamo vivendo.
Mettendo più soldi in tasca alle famiglie non potete ritoccare le aliquote Iva?
Noi siamo concettualmente contrari ad ogni aumento Iva che vuol dire contrarre i consumi: in pratica faremmo un prelievo di
sangue ad un anemico grave. Quindi è escluso-.
E le tax expenditures?
Sì, certo si può rivedere qualche detrazione e trovare qualcosa. Ma poco. Perchè non vogliamo un meccanismo solo di facciata
che sposta le risorse da un parte all’altra, cioè che cambia gli addendi, ma con lo stesso risultato. Comunque se rivedremo
qualche meccanismo lo faremo ma con grande attenzione perché il sistema fiscale è molto complicato, perché se tolgo una detrazione
incido su tutti. Magari per i redditi più alti qualche detrazione potrebbe essere calmierata. Ma ricordando il nostro obiettivo
di fondo: tagliare le tasse e semplificare.
Anche l’Ires al 20% scatterà sui redditi del 2020 delle imprese?
Sì. Abbiamo bisogno di uno shock fiscale, altrimenti non ci sarà mai la crescita che tutti vogliamo. Serve un po’ di ossigeno
per la nostra economia.
Quanto costa questo taglio?
Costa dai 6 agli 8 miliardi all’anno. In tutto, con la flat tax per le famiglie, ci serviranno 20 miliardi circa, 1,2% del
Pil. Dopo esserci occupati giustamente di rispondere alle richieste delle fasce più deboli ora dobbiamo puntare sulla crescita
e la competitività. Per questo ci serve una forte spinta, senza timidezze.
E resterà la mini Ires per chi investe e assume?
Tutto non possiamo tenere. Dobbiamo andare verso una misura strutturale omnibus, e quindi sarà assorbita dall’Ires al 20%.
La mini Ires andrà ad esaurimento con l’obiettivo di arrivare a una sistema omogeneo.
A che punto di elaborazione è questa fase due della flat tax?
Stiamo mettendo a punto un draft da condividere con i tecnici del Mef e con i colleghi del Governo con cui dovremo lavorare per dargli corpo e sostanza. E
ovviamente collaborando in modo stretto con il ministro Tria che è convinto della bontà della flat tax.
Dobbiamo aspettarci altre novità per il fisco?
Vogliamo provare a estendere la pace fiscale del saldo e stralcio anche alle società di persone e a quelle di capitale. Abbiamo
tante richieste in questa direzione.
In quale provvedimento?
Proveremo a farlo presto, ma comunque non prima di giugno. Magari inserendolo nel Ddl semplificazioni fiscali. È una misura
che vale tantissimo in termini economici e umani per migliaia di piccole realtà imprenditoriali che hanno questa spada di
Damocle con il Fisco e potranno così cominciare a tornare a respirare e a guardare con fiducia al futuro.
Il Governo intanto sta lavorando allo sblocca cantieri. Con quali obiettivi?
Il problema in Italia è il nostro ordinamento complesso che grava e pesa con la sua burocrazia sul sistema economico. Abbiamo
concorrenti al livello globale che hanno una filiera decisionale di 24 ore, mentre noi l’abbiamo di 24 anni. Per realizzare
un’opera prima e dopo la gara d’appalto bisogna passare per una via crucis fatta da 50 a 70 stazioni. Per questo il codice
degli appalti va cancellato e riscritto. Tutto il comparto delle costruzioni è al palo. Dobbiamo fare qualcosa
Che accadrà sulla Tav?
Si procederà con la pubblicazione dei bandi che hanno comunque il vincolo della dissolvenza. È un atto amministrativo dovuto
per evitare di perdere i fondi europei e di entrare a gamba tesa in una procedura che coinvolge altri partner che hanno i
loro diritti. La nostra opinione è che l'Italia soffre di un deficit infrastrutturale insostenibile: per questo è indispensabile
collegarci con i corridoi europei per conquistare la leadership nella logistica nel Mediterraneo. Una svolta che può portare
5 milioni di posti di lavoro e 500 miliardi di volume d’affari. Spetterà comunque al Governo nella sua collegialità trovare
la sintesi.
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