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Per sette anziani su dieci la pensione non basta se serve una badante

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Per sette anziani su dieci la pensione non basta se serve una badante

Con la sola pensione, il 52,9% degli anziani può permettersi l’assistenza di un lavoratore domestico per appena cinque ore alla settimana. Il 17,8% può pagare un aiuto per 25 ore (praticamente, una mezza giornata dal lunedì al venerdì) e appena il 9,5% può aspirare a una badante convivente. È il risultato dell’analisi condotta per Il Sole 24 Ore del Lunedì da Domina (associazione nazionale di famiglie datori di lavoro domestico), in collaborazione con la Fondazione Leone Moressa, per capire l’impatto dell’assistenza familiare sul bilancio di un pensionato, solo o in coppia.

Il dato di partenza è la disponibilità economica delle persone che hanno nella pensione la principale fonte di reddito: sono 13,7 milioni su 14,6 milioni di contribuenti che dichiarano redditi da pensione. Quasi il 70% degli anziani ha un reddito complessivo sotto 20mila euro, ovvero, considerando le tasse da versare, ha meno di 14.600 euro spendibili all’anno. Bisogna considerare poi il livello delle spese mensili per i consumi legati al cibo, all’abbigliamento e alle utenze. Secondo l’Istat, in media la spesa per consumi delle persone sole con almeno 65 anni è di 1.366 euro al mese. Considerando che la maggior parte degli anziani vive in una casa di proprietà, si può sottrarre a questa spesa mensile il valore del cosiddetto “affitto figurativo” (quanto si spenderebbe per l’affitto di una casa simile a quella in cui si vive), e si arriva a una spesa annuale di 11mila euro.

IL BILANCIO FRA COSTI E RICORSI

Il margine di risparmio da destinare a un aiuto in casa è quindi molto ridotto.

Gli esempi concreti

Il costo del lavoro domestico regolare, per persone assunte a tempo indeterminato nel livello «B super» previsto dal contratto collettivo nazionale (il quarto livello su otto, per collaboratori familiari in grado di assistere persone autosufficienti), è di 2.135 euro lordi (fra stipendio e contributi) per cinque ore settimanali, di 10.312 euro per 25 ore e di 14.859 euro per una badante convivente che lavori per 54 ore a settimana.

Non tutti gli anziani vivono soli: ma anche considerando quanti vivono in coppia in un nucleo nel quale il capofamiglia ha almeno 65 anni, la disponibilità economica da destinare a un aiuto domiciliare passa da poco più di 3mila euro all’anno, in media, a poco più di 6mila. Un livello che non può comunque coprire la spesa di un’assistenza prolungata.

Questo quadro economico può spiegare, in parte, l’altissima incidenza del lavoro irregolare nel settore domestico: per 864mila persone regolarmente assunte, si stima che 1,2 milioni lavorino in nero. I dati sui controlli dell’Ispettorato nazionale del lavoro riferiti al 2018 (e appena diffusi) rivelano che nel settore del lavoro domestico il tasso di irregolarità rilevato è del 54,1 per cento. I datori di lavoro spesso sono anziani che, pur non essendo poveri, fanno fatica ad affrontare, con la sola pensione, i costi di un’assistenza in casa.

I sostegni da mettere in campo

Un sostegno aggiuntivo, rispetto alla pensione, deriva dall’indennità di accompagnamento, che vale 6.214 euro all’anno ma è riservata solo alle persone in condizione di invalidità totale e riconosciuta dallo Stato. È una prestazione assistenziale che risale al 1980, che probabilmente andrebbe aggiornata alla luce dell’invecchiamento della popolazione e del fatto che l’assoluta non autosufficienza non sia l’unica condizione di bisogno da considerare, per gli anziani.

«Il contratto di Governo sottoscritto da M5s e Lega - fa notare Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina - sottolinea all’articolo 18 che servono provvedimenti per agevolare le famiglie con anziani a carico, compresa l’assistenza domiciliare, anche tramite colf e badanti».

«A nostro avviso - continua - la famiglia va considerata come un motore dell’economia. Il lavoro domestico genera un valore aggiunto di 19 miliardi, tra regolare e sommerso. Per favorire l’emersione, sarebbe utile introdurre la deducibilità fiscale delle retribuzioni versate dalle famiglie a colf e badanti, far sì che tra le prestazioni offerte dal welfare aziendale si diffondano gli aiuti per pagare l’assistenza domiciliare e che nascano forme di credito agevolato alle famiglie per queste finalità».

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