Lo hanno chiamato «salva motociclisti» ed era atteso da almeno dieci anni, quando il ministero delle Infrastrutture costituì il primo gruppo di lavoro sul tema delle protezioni da mettere vicino all’asfalto per evitare che la testa di chi cade da una moto possa incastrarsi sotto il guard-rail o sbattere su superfici di forma pericolosa. Ora il decreto ministeriale c’è: è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di venerdì 17 maggio. Ma i motociclisti dovranno attendere ancora tanto tempo per poter dire che possono viaggiare sicuri.
Il problema non sta certo nel fatto che il Dm, che è datato 1° aprile e firmato dal ministro Danilo Toninelli, entrerà in vigore solo 180 giorni dopo la pubblicazione. Né nel fatto che la sue parte con le disposizioni più stringenti entrerà in vigore a maggio 2020. E nemmeno nelle caratteristiche tecniche che il Dm fissa per le protezioni, chiamate Dsm (dispositivi stradali di sicurezza per i motociclisti): la norma fa riferimento a quelle fissate a livello internazionale via via nell’arco di questo decennio.
La cosa che preoccupa di più è capire come si farà a trovare i soldi per attuare le nuove disposizioni. Inoltre, in molti casi si rischia di ripetere l’esperienza del 1992, quando si stabilì che i nuovi guard-rail dovevano essere omologati ma non si mise un termine entro cui gli enti proprietari di strade avrebbero dovuto adeguarsi.
Sono due problemi strettamente legati: se a quasi trent’anni di distanza dal
Dm 223/1992 si discute ancora, dopo un incidente con urto contro una barriera di sicurezza, se essa avrebbe dovuto essere cambiata, è proprio per problemi di soldi:
- sulla viabilità ordinaria, si sa da sempre che Comuni, Province e Anas hanno risorse scarse (spesso legate a contributi statali incostanti) e l’impiego dei proventi delle multe per migliorare la situazione è ancora opaco (dal 2010 è prevista dall’articolo 208 del Codice della strada anche una quota da destinare specificamente alle barriere, ma molti enti non rendono pubblici i rendiconti, tanto che nelle modifiche al Codice appena proposte si cerca anche di introdurre un meccanismo più trasparente);
- sulle autostrade a pagamento, i pedaggi non fanno mancare le risorse, ma molte convenzioni tra gestori e Stato non sono ancora molto stringenti (lo dimostra l’accesa battaglia tra Procura di Avellino e Autostrade per l’Italia nel processo sulla strade del 28 luglio 2013 sull’A16, con 40 morti precipitati su un bus dal viadotto Acqualonga anche per la cattiva manutenzione di barriere new jersey che risalivano al 1988).
Ora la nuova norma sui Dsm ripete lo schema del Dm 223/1992: prevede (articolo 3, comma 1, delle istruzioni allegate al nuovo Dm) che i dispositivi salvamotociclisti siano obbligatori sulle strade di nuova costruzione (tranne che il loro progetto definitivo sia già stato approvato o che le procedure di affidamento per la loro realizzazione siano già in corso) e vadano montati anche su quelle esistenti, in caso di adeguamento di tratti significativi. Dunque, fra altri trent’anni rischiamo di assistere sui Dsm agli stessi dibattiti che vediamo oggi sulle altre barriere.
Inoltre, le stesse istruzioni consentono ai progettisti di rinunciare ai Dsm, motivando la loro scelta alla luce di vari fattori, come per esempio le caratteristiche della strada e il fatto che sia percorsa da pochi motociclisti.
Certo, c’è un’eccezione importanti. Il nuovo Dm diventa molto severo, imponendo i Dsm a prescindere da età della strada e valutazioni dei progettisti, nel caso delle curve di raggio minore di 250 metri e degli incroci, se risulta che in un triennio vi si siano verificati almeno cinque incidenti con morti o feriti che abbiano visto coinvolti motoveicoli o ciclomotori.
Ma come si farà a sapere in modo certo quanti incidenti ci sono stati, se in Italia non riusciamo a far decollare il Catasto delle strade, previsto da decenni?
E, anche quando il dato è noto, che cosa accadrà se l’ente proprietario avrà difficoltà a trovare i soldi per dotare di Dsm la strada? Dovrà distogliere risorse da altri lavori ancora più necessari per rendere più sicura la strada (magari per mettere in sicurezza un ponte dove passano tanti mezzi pesanti, mentre le moto sono poche). Oppure spiegare le proprie ragioni al giudice al quale verrà denunciato in caso d’incidente.
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