La famiglia italiana vale 23 miliardi di euro. È questo, secondo la mappatura del Sole 24 Ore, il budget annuale di spesa messo in campo a livello statale con una serie di bonus e iniziative di welfare, incentivi fiscali o fondi nazionali. Una cifra incapace, però, di incidere sul drammatico declino della natalità che si registra in Italia: rispetto al 2009 si contano oltre 100mila nuovi nati in meno nel corso dell’anno.
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«Si tratta di misure che si sono stratificate negli anni, che sono frammentarie e disorganiche e soprattutto non strutturali», commenta il ministro per la Famiglia, Lorenzo Fontana, che proprio in queste ore sta per depositare in Parlamento un disegno di legge governativo per riformare il “pacchetto famiglia”. L’obiettivo è chiaro: riassegnare le risorse esistenti, dando vita a un assegno unico di 200-300 euro mensili, destinato a tutti i nuclei familiari con bambini e con Isee inferiore a 50mila euro, da erogare a partire dal settimo mese di gravidanza della madre fino al compimento del diciottesimo anno di età dei figli.
Il riordino delle misure
Oggi i 23 miliardi di risorse in campo sono dispersi in decine di misure di minore impatto. Si va dai 12 miliardi impegnati
per i familiari a carico ai 12 milioni per il congedo matrimoniale. I contorni della proposta di legge saranno discussi in
Parlamento, ma le linee guida sono già state formalizzate all’ultimo preconsiglio dei ministri e un testo - che il Sole 24
Ore ha potuto esaminare - è già depositato al dipartimento Affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi. La bozza prevede
la creazione di un fondo nazionale per l’erogazione dell’assegno unico, alimentato da risorse attualmente spalmate altrove.
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Un riordino, quello “disegnato” dal dipartimento per la Famiglia, che varrebbe 17 miliardi, fondato sulla riassegnazione di alcuni budget di spesa oggi destinati ad altre misure, che sarebbero abrogate. Ad esempio: gli storici assegni al nucleo familiare, istituiti con la legge 153/1988, che contano più di quattro milioni di beneficiari e valgono 4,2 miliardi di euro all’anno (Rediconto sociale 2017 dell’Inps); il premio alla nascita di 800 euro alle neo-mamme, attivo dal 2017, che finora ha liquidato 961mila quote per un totale di 768,6 milioni in meno di tre anni; le detrazioni fiscali per i figli a carico e quelle meno “incisive” sulle spese per le attività sportive e l’istruzione dei ragazzi; infine il bonus nido e il bonus bebé, potenziati da poco, con l’ultima legge di Bilancio e la conversione del Dl fiscale 119/2018.
Direzione unica per gli schieramenti
Le politiche per la famiglia restano così nell’agenda Lega-M5S, già firmatari a inizio aprile di una mozione comune per chiedere
di scorporare queste spese dal patto di stabilità europeo, come già avvenuto negli ultimi tre anni per l’emergenza migranti
e il terremoto. Risale a poco prima delle elezioni la proposta di un decreto legge per intervenire in questo ambito, sostenuta
dal vicepremier Luigi Di Maio con l’ipotesi di usare i fondi residui del reddito di cittadinanza (frenata per impossibilità
di dare certezza alle coperture nei 60 giorni di conversione del provvedimento). È stato da poco accantonato anche l’emendamento
governativo al Dl Crescita che introduceva una detrazione al 19% su prodotti per la prima infanzia, come pannolini e latte
artificiale.
IL GRAFICO /Il budget per la famiglia: 23 miliardi per capitolo di spesa
Nel frattempo, comunque, l’iniziativa potrebbe diventare bipartisan. Il nuovo disegno di legge dovrebbe iniziare il suo iter prima del 24 giugno, quando anche un’altra proposta legislativa dello stesso tenore - presentata dal Pd, a firma Delrio (Ac 687) - sarà discussa in commissione Affari sociali a Montecitorio. Anche in questo caso si punta all’assegno unico e a una dote per la prima infanzia.
Le coperture finanziarie «certe»
La partita per la famiglia si apre in un momento difficile, con il ministero dell’Economia impegnato a trovare le coperture
per la flat tax e con i continui richiami di Bruxelles. Ecco perché gli uffici del ministro Fontana sottolineano la necessità
di riassegnare le risorse esistenti, per dare vita a un assegno «mai inferiore al totale dei benefici oggi fruiti», modulato
in base al numero e all’età dei figli, «maggiorato in caso di disabilità e armonizzato con gli interventi di contrasto alla
povertà». Un progetto che si intreccia con la revisione delle tax expenditures e con le politiche economiche in vista della manovra.
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