Il denaro non dorme mai. E non solo nei film su Wall Street. Per la prima volta negli ultimi quattro anni, la ricchezza ufficialmente posseduta all’estero dagli italiani scende sotto i 200 miliardi. Il totale degli asset indicati nel 2018 nelle dichiarazioni dei redditi (quadro RW) si ferma a 174,9 miliardi, cioè 43,5 miliardi in meno su base annua (-20%). È una “mobilità” su cui riflettere, dopo che il vicepremier Matteo Salvini ha lanciato l’ipotesi di un condono sul contante fermo nelle cassette di sicurezza delle banche italiane. Anche perché gli indicatori mostrano che i flussi – leciti e illeciti – di capitali verso l’estero non si sono fermati.
Come sanno bene gli investigatori e gli inquirenti, gli argomenti sono spesso collegati. Lo stesso contante che in passato era in una cassetta di sicurezza a Milano potrebbe aver varcato il confine con uno spallone e poi essere stato regolarizzato con una delle due voluntary disclosure, così da restare – ancora oggi – monitorato in RW. Ma dopo le voluntary potrebbe anche essere rientrato in Italia o essersi volatilizzato in paradisi fiscali o dietro complesse architetture societarie.
Ecco perché gli ultimi dati vanno letti con prudenza. Il grosso del calo degli asset dichiarati in RW, pari a 36,5 miliardi, dipende da quelli che le statistiche chiamano «beni materiali e forme di previdenza». Una categoria in cui rientrano l’oro (lingotti o monete), le forme previdenziali gestite da soggetti esteri, le opere d’arte, i gioielli e i beni mobili registrati (yacht, aerei o auto di lusso).
Senza conoscere il dettaglio delle singole voci – che l’amministrazione finanziaria non ha fornito al Sole 24 Ore – è impossibile attribuire il calo a una sola ragione. Potrebbero pesare cambi dei criteri di valutazione e rimpatri dei beni, ma anche delocalizzazioni o intestazioni che rendono gli asset o il loro titolare effettivo invisibili al Fisco.
Tra le altre categorie, invece, nell’ultimo anno resta quasi invariato il valore degli immobili e delle attività finanziarie. Mentre le somme su conti e depositi esteri diminuscono dell’11,7%, cioè 6,3 miliardi. Nel complesso, l’impressione è che si stia affievolendo – almeno a livello di monitoraggio – l’onda lunga delle due voluntary, che hanno fatto emergere 66,6 miliardi, di cui 44,4 dalla Svizzera.
Intanto, i dati più recenti della Guardia di finanza indicano che i flussi illeciti di capitali verso l’estero restano imponenti. Nei primi sei mesi del 2018, le Fiamme gialle hanno individuato 115,6 milioni di euro di trasferimenti di denaro, tramite 9.293 controlli transfrontalieri, di cui quasi uno su tre ha rivelato irregolarità. In tutto il 2017, invece, erano stati intercettati 172,7 milioni, con un risultato più che doppio rispetto all’anno precedente. E c’è già chi ipotizza che parte di questo flusso potrebbe riprendere la via dell’Italia per beneficiare di un ipotetico condono del contante, anche se l’eventuale sanatoria potrebbe essere congegnata per evitare questo fenomeno. Di certo, come ricordò già nel 2016 il procuratore di Milano, Francesco Greco, il problema è che il contante – sia quello esportato illecitamente, sia quello nelle cassette di sicurezza italiane – è spesso frutto di reati.
I movimenti di capitale leciti verso l’estero fanno poi sorgere più di un dubbio sul fatto che le somme eventualmente regolarizzate rimarrebbero nel nostro Paese. Secondo la Banca d’Italia gli investimenti di portafoglio italiani in titoli esteri nel 2018 sono stati pari a 46 miliardi. E a febbraio di quest’anno sono usciti altri 6 miliardi dopo alcuni mesi in controtendenza.
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