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Cultura, ricerca, burocrazia, è l'ora di agire

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Cultura, ricerca, burocrazia, è l'ora di agire

Cambiare la scala delle priorità nella politica economica, fare proprio l'assillo dello sviluppo e dare alla cultura e alla ricerca il posto che meritano nelle scelte del governo, liberarsi da una mentalità burocratica incrostata e da un'impraticabile foresta normativa. Giorgio Napolitano invoca leggi di due righe, ma soprattutto disegna con pochi tratti il quadro obbligato dello sviluppo italiano (possibile) e manda un messaggio forte al governo Monti.

Passione civile e visione politica, davanti a una platea attenta e decisa nel reclamare concretezza, hanno segnato il discorso di ieri del Capo dello Stato al teatro Eliseo a Roma - durante gli Stati Generali della cultura promossi da Sole 24 Ore, Accademia dei Lincei e Enciclopedia Treccani - e rappresentano un punto di non ritorno sulla centralità di lungo termine della grande questione italiana che tocca i gangli vitali del suo patrimonio artistico-museale, la tutela dei territori, il primato smarrito della scienza, dell'innovazione e, in genere, della ricerca.
A nessuno può sfuggire (tanto meno a Napolitano che lo ha espressamente ricordato) la delicatezza della situazione italiana in tema di finanza pubblica e l'esigenza (inderogabile) di non dilapidare il patrimonio di credibilità sui mercati riconquistato dall'azione del governo Monti. A nessuno, però, nemmeno a questo esecutivo, può essere consentito di «persistere» nella dilapidazione del patrimonio monumentale e nella distruzione sistemica del capitale scientifico che appartiene alla ricerca e alla cultura industriale di questo Paese. A nessuno, nemmeno al professor Monti e al suo governo, può essere consentito di rimanere inerti di fronte all'emergenza civile della cattiva burocrazia semplicemente perché paralizza tutto, fa perdere il poco che abbiamo, e allontana il molto che potremmo attrarre. Su questo punto, basti lo shock di ascoltare una ricercatrice e servitore dello Stato del valore di Ilaria Capua (è successo sempre ieri) che abbassa la voce e implora l'aiuto del Capo dello Stato affinché si spezzino le corde della burocrazia italiana che rischiano di costringerla a mandare a casa 40 ricercatori precari sui 70 del suo staff.

Per un giornale come Il Sole 24 Ore che ha lanciato in tempi non sospetti (19 febbraio di quest'anno) il manifesto per la cultura e invoca una svolta duratura nella politica economica di questo Paese, i fermenti, le voci forti, il buon senso e la protesta che hanno animato gli Stati Generali della cultura di ieri rappresentano la conferma più autorevole dell'esigenza di incidere sul corpo vivo delle politiche di bilancio a sostegno dell'economia reale, mettendone al centro il talento dei giovani e i nostri (veri) saperi.
Ha ragione Napolitano: la responsabilità politica è scegliere, è dire no per potere dire alcuni (importanti) sì. Ce ne sono tre, a nostro avviso urgenti, che riguardano la ricerca, la semplificazione e la tutela di pezzi rilevanti del patrimonio artistico-museale. Il governo Monti non risponde delle colpe e dei ritardi del passato, ma oggi ha il dovere di battere questi tre colpi. Lo faccia attraverso lo strumento della legge di stabilità e con un decreto ad hoc (decreto non disegno di legge) per la semplificazione. Il futuro, a volte, è a costo zero, ma non si costruisce (mai) con l'inerzia. Non si può continuare a comprare tempo, è l'ora di agire.