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Questo articolo è stato pubblicato il 03 gennaio 2013 alle ore 07:42.

Il mediocre accordo di bilancio che ha evitato che Washington cadesse nel precipizio fiscale è stato accolto con grande euforia dai mercati. Affamati di buone notizie gli investitori hanno festeggiato quella del fiscal cliff solo perché non era pessima ed evitava shock improvvisi all'economia mondiale. Nella sostanza, tuttavia, l'accordo di Washington corrisponde a solo un ottavo di quanto necessario a non far scappare il debito americano fuori controllo. Il resto dovrà essere recuperato in futuro e resta incerto.

Questa contraddizione tra politiche di breve termine e di lungo termine, tollerata dai mercati, contiene ispirazioni importanti per la politica europea e per quella italiana.

La prima riguarda l'unione politica europea. Occhi europei possono guardare con una certa invidia al fatto che i mercati credano, almeno per ora, agli Stati Uniti anche a fronte di un accordo politico gravemente insufficiente nei numeri e imbarazzante nei modi, per il solo fatto che la responsabilità delle scelte, presenti e future, fa capo con chiarezza a due leader, due partiti e due Camere, e non a nessun leader, 27 governi e 200 partiti come è norma in Europa. La "proprietà" delle scelte ha un nome e un cognome. I repubblicani Boehner e Cantor accettano un aumento delle tasse, mentre Obama e Biden rinunciano a una vera redistribuzione dei redditi. Seppure abbiano fatto un modesto lavoro, il dialogo politico è in un certo senso garanzia di nuove soluzioni in futuro. Infatti, quando si evoca l'unione politica in Europa non si discute solo di visioni ambiziose e forse astratte, ma di concreta credibilità politica. Considerando le condizioni, gli accordi fiscali firmati finora in Europa sono miracolosi, molto più ambiziosi di quelli americani, eppure la loro credibilità futura è costantemente messa in dubbio da investitori confusi dal vuoto di leadership.

Nell'ultimo Consiglio europeo d'altronde i capi di governo hanno accuratamente affossato l'agenda per l'unione politica. La crisi europea si è un po' quietata, ma in quattro anni ha corroso la fiducia nell'integrazione e ha lasciato crescere i pregiudizi sul Sud inaffidabile e sul Nord arrogante. Un cattivo genio che i politici nazionali non sanno più come far rientrare nella bottiglia.

La politica europea condotta solo attraverso regole e criteri serviva a evitare cattive politiche, a cominciare dagli eccessi di debito. Ma l'impasse attuale nell'unione politica ostacola oggi l'adozione di buone ricette per l'economia. Offre una visione dell'Europa solo negativa e fa apparire i sacrifici per il cittadino come fine a se stessi. Avere chiaro chi è responsabile delle decisioni politiche permette invece – quando è necessario - anche di rinviarle nel tempo, senza deludere troppo i mercati, come sono riusciti a fare l'Amministrazione e i leader dell'opposizione a Washington, nonostante abbiano aumentato l'incertezza per il futuro.