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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2013 alle ore 10:24.

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Anche l'ultimo dibattito televisivo su SkyTg24 e i comizi conclusivi in piazza confermano i toni di una campagna elettorale per il nuovo sindaco di Roma giocata sulla manutenzione dell'esistente e sul tentativo di ridurre l'impatto della crisi economica più che su idee nuove e progetti concreti per lo sviluppo economico della città. Specchio della crisi politica ed economica del Paese, la Capitale accusa il colpo della recessione più di altre città, passando in cinque anni dal 5° all'8° posto nella classifica nazionale del Pil pro capite, ridotto del 13,7% dai 32.800 euro del 2007 ai 28.300 del 2012. Il tasso di disoccupazione sale dal 5,8 al 10%, quella giovanile dal 26 al 40,1%. Va bene il turismo, invece, con 32,7 milioni di presenze del 2012 contro i 25,9 del 2007, mentre i reati denunciati scendono da 225.774 a 199.395 (-11,6%).

In campagna elettorale si è parlato più di buche stradali che di investimenti per un futuro che spaventa. «Mille chilometri di piste ciclabili» è il massimo che propone il candidato M5S, Marcello De Vito, per fare di Roma «una città europea», mentre per il Pd Ignazio Marino il tema centrale per il trasporto è il recupero dei tram di superficie e il miglior utilizzo della flotta dei bus. «Prioritario difendere i valori archeologici», dice il chirurgo genovese trapiantato a Roma, mandando in soffitta una politica storica delle giunte di sinistra fatta di investimenti "pesanti", come la cura del ferro ideata dalle giunte Rutelli. Anche l'outsider Alfio Marchini, discendente della famiglia di costruttori rossi che a lungo ha finanziato il Pci, ironizza sul consociativismo dei partiti e sui progetti inesistenti di metropolitane. «Ma di che parliamo?», continua a ripetere quando il conduttore di SkyTg24 gli chiede i programmi sui metrò. Ironizza sul progetto «fantasioso» della linea D e sulle difficoltà della linea C, ma è convinto che con progetti migliori e i fondi Ue si potrebbe ripartire.

I progetti di metropolitane "pesanti" li difende solo il sindaco uscente, Gianni Alemanno, in nome della continuità programmatica, come completamento dei progetti in corso. I contenziosi, i veti archeologici, i ritardi temporali, l'aumento esponenziale dei costi, le durissime censure dell'Autorità per gli appalti pubblici sulla metro C hanno lasciato il segno, evidentemente, privando la città stremata anche di un tema infrastrutturale imprescindibile per una «città europea». Anche sulla localizzazione della nuova discarica, necessaria per superare l'emergenza, tutti i candidati fanno i "Nimby" e rilanciano la palla al presidente della Regione, Nicola Zingaretti. E fanno gli ambientalisti promettendo obiettivi di raccolta differenziata molto elevati rispetto all'attuale 24%.

Nella campagna hanno tenuto banco le zuffe su Parentopoli per le assunzioni nelle spa comunali più che seri progetti di riorganizzazione della gigantesca holding capitolina, che continua a essere il centro di produzione dei servizi, dai trasporti all'acqua, dall'energia elettrica ai rifiuti. Marino, De Vito e Marchini attaccano il sindaco attribuendogli la responsabilità politica delle assunzioni anomale all'Atac e all'Ama, dove sono coinvolti dirigenti vicini al Campidoglio. Alemanno risponde che «l'amministrazione comunale è estranea e si è costituita parte civile in tutti i processi».
Ha prevalso, al centro del dibattito, la preoccupazione per il debito di 12,1 miliardi lasciato ad Alemanno dalle giunte di centro-sinistra - con quel mezzo punto percentuale di Irpef in più che costa ai romani - mentre nessuno si è azzardato a fare promesse di nuovi finanziamenti.

Lo stato drammatico delle casse comunali (e di quelle statali cui Roma ha spesso attinto) rende difficile la riduzione di tasse oltre gli slogan sull'Imu, ma tutti pensano alla leva del catasto per aumentare le esenzioni prima casa, come per altro ha fatto il sindaco esentando 376mila famiglie.
Il bilancio impone stratagemmi per trovare risorse. Quando si parla di sicurezza, per esempio, Marino propone di dare in comodato gratuito edifici comunali alla Polizia in cambio di un maggior numero di auto in strada. Il M5S arriva a proporre un'edizione comunale del «salario minimo garantito», nella bizzarra forma di card a scalare sul pagamento di servizi comunali, mentre tutti lamentano l'inadeguatezza del trasporto locale, falcidiato dai tagli (42%) dei trasferimenti statali.

L'urbanistica è assente dal dibattito se non per qualche slogan sul «consumo zero del suolo», neanche collegato a un progetto ambientalista complessivo. Anche i progetti di regeneration di Tor Bella Monaca e di trasformazione della vecchia Fiera, che il sindaco ha proposto e poi palleggiato a lungo, non appassionano e restano sullo sfondo. Non si è vista neanche l'ombra di una considerazione sul piano regolatore che era stato il centro della campagna elettorale di cinque anni fa insieme al tema della sicurezza. Figuriamoci temi più strategici come il destino delle «nuove centralità» urbane. L'unico che prova a mettere le periferie in un disegno organico di collegamento è Marchini.

Alemanno propone l'approvazione di 106 delibere urbanistiche bloccate finora in giunta. Lo fa in chiave politica per denunciare la sinistra che blocca lo sviluppo della città. Il sindaco esulta per il via all'ampliamento dell'aeroporto di Fiumicino e al completamento dell'anello ferroviario. Progetti rimasti per anni ostaggio delle mancate decisioni nazionali sulla concessione Adr e sul contratto di programma Fs.

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