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Questo articolo è stato pubblicato il 22 settembre 2013 alle ore 19:30.

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Qualche lezione per l'Italia dallo scenario tedesco

La vittoria, anzi il trionfo di Angela Merkel, non dovrebbe influenzare più di tanto la politica europea della Germania, con le sue luci e le sue ombre. Si proseguirà in una linea di continuità, solo con una Cancelliera più forte, ancor più padrona delle sue strategie e del suo paese. Tutto questo, come è ovvio, non renderà felici le nazioni del Sud, a cominciare dalla nostra. Ma almeno si tratta di una certezza che evita scossoni imprevedibili e questo è positivo: in materie complesse e delicate che investono la stabilità internazionale e la politica monetaria, il fattore più rischioso è appunto l'incertezza.

Occorrerà vedere se i dati finali confermeranno gli "exit poll" che in Germania di solito sono molto attendibili. Se così sarà, avremo il partito anti-euro, favorevole al ripristino del marco, fuori del Bundestag. Era il dato più pericoloso, suscettibile di influenzare in forme decisive le scelte della Cancelliera e di renderle ancora più intransigenti. La partita a questo riguardo è tutt'altro che finita. I restauratori sono sotto la soglia del 5 per cento, ma ad essa pericolosamente vicini. Più di quanto non siano i liberali, i veri sconfitti del voto: fagocitati e digeriti della personalità della loro ingombrante super-alleata Merkel. Certo, se la Fdp dovesse alla fine superare la soglia di sbarramento, avremo il rinnovo della coalizione che ha governato in questi anni: con la sola differenza di una Merkel molto più forte e dei liberali molto più deboli. Sarebbe un monocolore democristiano mascherato, considerando che già stasera il partito cattolico è a un passo dalla maggioranza assoluta: anzi, secondo alcune proiezioni la Merkel ha ormai superato i 300 seggi, quota che in teoria la solleva dall'obbligo di cercare alleati.

Sarà così? La Cancelliera è apparsa cauta. E si capisce. In tempi lontani Adenauer rispose a chi gli faceva notare che una maggioranza di due seggi era troppo esigua per governare: "Due seggi? Uno di troppo". Al contrario Alcide De Gasperi, che Angela Merkel di sicuro conosce, cercava sempre alleati, anche nel momento in cui la Dc usciva trionfante dalle urne. «Mai soli» era la frase che De Gasperi ripeteva. E stasera a Berlino ci si interroga: o si governa da soli con pochissimi seggi di maggioranza ovvero si cerca l'alleanza (da posizioni di forza) con un altro partito. La Spd, naturalmente. Benché qualcuno non escluda un tentativo con i verdi. Insomma, la signora deve decidere se seguire le orme di Adenauer oppure quelle di De Gasperi.

È ovvio che a sud delle Alpi si guarda soprattutto alla prospettiva della grande coalizione fra Cdu, Csu e socialdemocratici. È di gran lunga la soluzione più probabile, a meno di non voler considerare - come si è detto - l'ipotesi poco plausibile, ma non del tutto assurda, di un negoziato fra la Merkel e il partito ecologista. Restiamo per ora allo scenario grancoalizionista. Sarà fra un centro moderato forte e vincitore (oltre il 42 per cento) e una socialdemocrazia che esce ridimensionata dal voto (intorno al 25-26 per cento). Sarà quindi un centrosinistra a salda guida moderata sfidato a sinistra da un arcipelago variegato: i Verdi, la Linke massimalista. Mentre a destra non ci saranno sfidanti, nell'ipotesi che liberali e anti-euro siano esclusi dal Parlamento; oppure ce ne sarà uno assai insidioso, appunto il movimento anti-euro, nel caso in cui questa formazione nuova di zecca (paragonabile in un certo senso, ma solo in parte, ai nostri Cinque Stelle grillini) riesca a piazzare una trentina di eletti al Bundestag.

In ogni caso il sistema garantirà stabilità, a differenza di quanto accade in Italia. Con alcune precisazioni. Nell'ipotesi non positiva che gli anti-euro finiscano per essere rappresentati, avremo una mappa europea in cui gli scettici e gli avversari dichiarati dell'integrazione guadagnano terreno: Grillo in Italia, Farage in Inghilterra, i lepenisti in Francia. La solidità del modello tedesco è in grado di fronteggiare la minaccia, ma altrove la musica sarà diversa. Noi italiani non abbiamo niente, ma proprio niente da guadagnare da un successo degli anti-euro tedeschi. Viceversa dobbiamo guardare con attenzione all'ipotesi di una grande coalizione. Sarebbe uno di quegli eventi molto rari in Germania, ma destinati a lasciare il segno.

Le larghe intese a Berlino diventerebbero un punto di riferimento e di riflessione per tutta la politica italiana. Per quella che contesta l'intesa Pd-Pdl-centristi con l'argomento che si tratta di un "inciucio". O per quella che sogna la fine prematura dell'esperienza, temendo di pagare un prezzo elettorale troppo grande per aver governato con il "nemico". La coalizione tedesca, al contrario, potrebbe indicare una strada più virtuosa e molto più riformatrice per giustificare un'alleanza con gli avversari politici di ieri e di domani. Un passaggio eccezionale, imposto dalle circostanze, ma proprio per questo meritevole d'essere interpretato con assoluta concentrazione. L'opposto di quello che sta avvenendo a Roma.

Da ultimo, un'annotazione. Alla Merkel non basta un oggettivo trionfo e il 42 per cento dei consensi per governare: ha bisogno di alleati, anche lontani da lei. Se fosse in Italia, si gioverebbe del pessimo "porcellum" e farebbe quello che vuole con il premio di maggioranza. Ma, chissà perché, gli esiti della falsa stabilità italiana sono molto diversi da quelli della vera stabilità tedesca.

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