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Il barometro dell'economia

19 marzo 2014

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Impresa & Territori IndustriaSi riparte, a macchia di leopardo

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Si riparte, a macchia di leopardo

PALERMO
Il punto più basso è stato raggiunto e lì il sistema economico siciliano si è stabilizzato. I dati non lasciano spazio a dubbi: l'economia isolana è arretrata paurosamente e piccole variazioni con il segno positivo dicono che è lì, ferma.
Certo ci sono dinamiche positive qua e là ed è abbastanza condivisa l'analisi che sono in corso trasformazioni. Ma si tratta di fenomeni ancora impercettibili e dunque statisticamente irrilevanti. Il Pil nel 2013 ha chiuso con una flessione del 3,4% e per il 2014 si prevede un misero 0,1% di crescita. Queste le previsioni dell'Osservatorio congiunturale della Fondazione Res sulla base delle informazioni disponibili al 18 dicembre. L'analisi fatta dall'Ufficio statistica della Regione siciliana seppur aggiornata a settembre conferma che gli ultimi due anni sono stati i peggiori in assoluto da quando è cominciata la crisi mondiale: il Pil aggregato per biennio (2012-2013) fa segnare una flessione del 6,5% a fronte di un calo del 5,5% del Sud e del 4,4% del Paese.

Gli altri dati confermano la debolezza dell'economia dell'isola: l'import, per esempio, che contiene anche la voce petrolio, chiude il 2013 con una flessione del 12,3% e per il 2014 si prevede un incremento del 3 per cento; discorso simile per l'export che chiude l'anno con un calo del 19,7% e per il 2014 si prevede una crescita del 3,6%. «Non ci possiamo aspettare molto dall'export per il rilancio dell'economia anche perché le imprese esportatrici in Sicilia rappresentano tra il 2 e il 3% del totale – spiega Adam Asmundo, responsabile del settore Analisi economiche della Fondazione Res –. È chiaro che non possiamo attenderci moltiplicatori dirompenti anche se c'è tutta una parte del tessuto produttivo che si presenta sui mercati esteri in maniera attiva, anzi, proattiva».

L'export è una speranza, conferma Nino Salerno, vicepresidente di Confindustria Sicilia, che da tempo porta avanti progetti di formazione per imprenditori su questo tema: «Sono sempre di più le aziende che cercano uno sbocco all'estero – dice Salerno – e molte imprese hanno capito che bisogna cambiare atteggiamento: c'è la consapevolezza che per affrontare i mercati stranieri è necessario essere competitivi e per essere competitivi bisogna essere organizzati». Duro, invece, il giudizio di Salerno sulla situazione economica: «Siamo ancora in una situazione non chiara e i dati del 2013 sono devastanti.

Faccio solo un esempio: il credito. Anche quest'anno abbiamo assistito a un decremento nelle erogazioni». Basta scorrere una qualsiasi delle tante tabelle pubblicate qua e là per rendersi conto che il problema è serio, molto serio. Ce ne sono quattro, frutto di un'elaborazione dei dati di Banca d'Italia aggiornati a settembre, che raccontano quanto sia drammatica la situazione. La prima riguarda il rapporto tra impieghi e depositi: la Sicilia con un indice pari a quasi 1,2% è al di sotto della media nazionale che è di quasi 1,5% e ben lontana da un gruppo di testa fatto di cinque regioni (Lazio che supera il 2% e poi Lombardia, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige e Toscana). La seconda e la terza riguardano i tassi di interesse superiori a 5 anni (famiglie e imprese): per quanto riguarda le famiglie siamo a quasi il 5,3% mentre la media italiana è di circa il 4,8%; per quanto riguarda le imprese, l'isola è poco sopra il 4,5% mentre la media del paese è di poco inferiore al 4%. E infine il rapporto tra sofferenze e impieghi: la Sicilia ha un indice pari a quasi il 12% a fronte di quasi il 7% della media in Italia. «Senza dubbio l'isola è in una situazione difficile – dice Rosario Chiaramonte, responsabile per Sicilia e Puglia di Banca Carige –, ma noi cominciamo a intravedere una piccola luce in fondo al tunnel. E c'è un fenomeno che cominciamo a registrare: la crescita della raccolta, soprattutto dei prodotti vincolati». Il che vuol dire che chi ha i soldi preferisce tenerli fermi, magari approfittando di tassi remunerativi. E non è certo questo il motivo del calo dei consumi delle famiglie (la Sicilia ha chiuso il 2013 con un -3,3% e per il 2014 si prevede un calo dello 0,3%) e dei consumi collettivi (-1,5% nel 2013 e una leggera crescita dello 0,1% nel 2014): «Un calo della domanda che ha avuto notevoli ripercussioni sul mondo delle imprese. Cui si affianca, lo notiamo soprattutto negli ultimi tempi, il calo dei prezzi» dice ancora Asmundo.

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