Notizie EuropaSe chiudere i confini toglie futuro ai giovani
Se chiudere i confini toglie futuro ai giovani
di Carlo Bastasin | 9 aprile 2014
Ogni giorno vediamo i difetti dell'euro e dell'Europa. Ma uscire dall'euro non significa prendere le distanze dai problemi che denunciamo. Significa invece negarsi i mezzi di affrontarli e porvi rimedio. Significa fare il gioco di chi prospera in una società chiusa, grazie alle proprie rendite di posizione. Significa in ultima istanza favorire la casta. La stessa che ha prodotto un debito pubblico enorme negli anni Settanta e Ottanta, che pesa oggi su di noi e che peserà ancora in futuro. Infatti, se c'è qualcuno che dovrebbe ribellarsi a chi li invita ad abbandonare l'Europa o l'euro, sono i giovani.
Di tutte le accuse all'idea europea, la più penetrante è che sia un progetto delle elites per le elites. Perché è un'accusa vera, ma non veritiera. Perché il progetto visionario di uomini senza seguito, armati della speranza nel ragionamento, voleva proprio smontare le gerarchie feudali che tenevano le società europee immobili dentro confini nazionali che erano anche paludi morali.
La risposta italiana all'apertura dei confini è stata invece quella di allargare la palude. Se c'è una radice degli speciali problemi italiani, andrebbe cercata negli anni Novanta quando il paese, sfinito dal debito, ha avuto paura di aprirsi e non ha capito la profondità del cambiamento portato dalla moneta unica. Nel terreno dell'economia, l'euro stava irrigando dal basso una silenziosa trasformazione di mentalità, ma le implicazioni politiche dell'euro sono rimaste avvolte nella nebbia della nostra infantile inconsapevolezza. Abbiamo fatto finta di nulla. Anche tra le forze dell'economia la chiusura del paese ha prevalso. Mentre la Germania raddoppiava la quota dell'export sul pil, noi abbiamo pensato di difendere le mura, puntando invece sui servizi interni: oltre il 70% del valore aggiunto ma solo il 5% dell'export italiano. La quota di profitti dei servizi professionali è diventata 5-6 volte più alta che in Francia, in Benelux o in Scandinavia, con margini di profitto che salivano oltre il 60 percento. L'economia "introversa", quella isolata dal mondo, è diventata più forte e quindi più influente culturalmente. Non a caso si è stretto un rapporto con la politica locale raramente sano. La crescita del paese non era certo il primo obiettivo per la casta.
Si è infatti gonfiata l'economia "invisibile", un gentile eufemismo per vari gradi di illegalità. Tra il 2005 e il 2008, in un paese che aveva perso la volontà di crescere, il peso dell'economia sommersa è aumentato del 6,6% del pil. Ecco chi vuole spegnere la luce, confidando nelle paure di chi gli si fa attorno spaventato e, come avviene a chi ha paura degli spazi, è colto da un'ansia che interrompe la formazione del ricordo e inceppa la capacità di apprendere dai propri errori. Si vuole allora solo sfuggire dalla realtà: dissociarsi.