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Pompei, otto mesi di passione

17 luglio 2014

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Impresa & Territori Made InL'Antimafia indaga sugli scavi di Pompei: rischio camorra negli appalti finanziati dall'Unione europea

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L'Antimafia indaga sugli scavi di Pompei: rischio camorra negli appalti finanziati dall'Unione europea

«Cave canem». Attenti al cane. E occhio alla Piovra. La Direzione distrettuale antimafia di Napoli ha aperto un fascicolo su presunti appalti sospetti negli Scavi di Pompei. Per la prima volta nella travagliata storia del sito archeologico più famoso al mondo, la magistratura va ben oltre i «rumors» e le voci di corridoio che vogliono la camorra in movimento tra le rovine e le colonne spezzate su cui domina il profilo minaccioso dello «sterminator Vesevo».

Ad occuparsi dell'inchiesta è il pm Maria Di Mauro, magistrato titolare dei processi sulla criminalità organizzata nella provincia sud del capoluogo campano che ha registrato importanti risultati investigativi sul fronte della lotta alla camorra tra Torre Annunziata e Torre del Greco, dove c'è un fiorente business legato al narcotraffico e al racket delle estorsioni.

Ma stavolta è diverso: non c'entrano cocaina e tangenti. Con l'avvio del "Grande progetto Pompei" e l'arrivo di oltre 100 milioni di euro di finanziamenti europei, le ditte legate alla criminalità in giacca e cravatta si sono rifatte vive. Segnali impercettibili, scosse telluriche alle falde del Vesuvio che solo i sismografi dell'antimafia hanno potuto cogliere. Il rischio è che Pompei si trasformi in un enorme banchetto per i clan più spregiudicati e agguerriti della Campania. Nel mirino del centro Dia di Napoli, cui sono state delegate le indagini, sono finiti gli immancabili Casalesi e il gruppo criminale che controlla il mercato del malaffare a Pompei: la cosca dei Cesarano.

«Entrambi sodalizi molto ben strutturati – dice un investigatore – con un parco-aziendale assolutamente in grado di mimetizzarsi nel tessuto imprenditoriale legale per accaparrarsi appalti e commesse pubbliche soprattutto nel settore edile».
Decine di inchieste e di informative della polizia giudiziaria descrivono, di entrambi i clan, la spiccata propensione per gli affari e la capacità di infiltrazione nei gangli della Pubblica amministrazione. L'allarme è serio: gli agenti della Direzione investigativa antimafia, da settimane, hanno intensificato i controlli in sinergia con la Prefettura di Napoli.

In passato, c'erano state ripetute prese di posizione e allarmi (soprattutto da parte della politica) sul rischio di ingerenze criminali nel parco, ma le attività di monitoraggio avevano finora escluso che la Bestia potesse aver trovato alloggio tra le domus affrescate e i templi sepolti dal tempo e dalla cenere dell'eruzione del 79 d. C.

L'avvio di un'attività investigativa ad ampio raggio dimostra, invece, che il pericolo è aumentato di grado in concomitanza con l'avvio di importanti programmi di riqualificazione e promozione del sito. E deve a tal punto preoccupare gli inquirenti da schierare gli esperti della Dia di Napoli (particolarmente abili nei controlli societari e finanziari) in prima linea a caccia di imprenditori mezzosangue, a metà strada tra i manager e i camorristi.

Tempo addietro, una annotazione dei carabinieri aveva ipotizzato un coinvolgimento del clan Cesarano di Pompei nella gestione dei punti vendita abusivi di bibite e «finger food» dentro e fuori gli Scavi (ambulanti, nella maggior parte dei casi) e delle guide abusive. Tracce rimaste prive di riscontri per la difficoltà di adeguate attività investigative in un contesto sociale particolarmente complesso per di più caratterizzato da un elevatissimo livello di omertà e paura. Mura difensive che però potrebbero sgretolarsi presto se davvero maturasse la decisione, da parte di un importante esponente della camorra cittadina, di iniziare a collaborare con la giustizia.

Al pari delle famiglie mafiose di Cosa nostra più radicate sul territorio come i Corleonesi, i Cesarano non hanno mai subito l'«onta» di un pentimento nella cerchia più vicina al gran capo, il boss Ferdinando Cesarano. Un fortino inespugnabile fatto di ricatti e patti di sangue oltre che di segreti e affari milionari.

Qualche settimana fa un segnale di cedimento c'è stato: un affiliato di rango ha scritto una lettera dal carcere al pm che lo ha fatto arrestare chiedendo un incontro. Un rituale che di solito, nella invisibile grammatica del potere camorrista, indica la volontà di pentimento o, per lo meno, di un avvio di un percorso di dialogo. Sarebbe la prima volta, e potrebbe rappresentare – questa scelta – una svolta epocale per gli equilibri criminali locali.
Pompei si troverebbe nuovamente al centro di un cataclisma. Non naturale, ma giudiziario.

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