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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2014 alle ore 17:12.
L'ultima modifica è del 30 giugno 2014 alle ore 20:01.

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Le aziende private non saranno obbligate a pagare ai propri dipendenti la copertura assicurativa per la contraccezione. È una sconfitta per la Casa Bianca la decisione della Corte Suprema che ha dato ragione a chi aveva chiesto di essere esentato per «motivi religiosi» dall'obbligo di pagare la «pillola del giorno dopo», previsto dall'Obamacare.

La Corte Suprema Usa ha dunque bocciato la volontà della Casa Bianca di imporre ai datori di lavoro l'inclusione degli strumenti per il controllo delle nascite nei piani di assistenza sanitaria riservati ai dipendenti. La Corte ha deciso cinque a quattro e con molti distinguo. Il verdetto si applica solo a datori di lavoro come Holly Lobby, una società non quotata in borsa controllata da una sola famiglia le cui convinzioni religiose sono profonde. Il parere di maggioranza, scritto dal giudice conservatore Sam Alito, non si applica ad altre forme di assistenza sanitaria come vaccinazioni, trasfusioni, marijuana a scopo medico, potenzialmente in contrasto con le convinzioni religiose del datore di lavoro.

La sentenza della Corte non mette in crisi ObamaCare nel suo complesso ma provoca problemi politici per la Casa Bianca. Fuori dalla Corte si erano radunati fin da stamattina militanti dei due schieramenti. Applausi e danze sui gradini della Corte nello schieramento anti-contraccezione, fischi da femministe e difensori della riforma sanitaria.

Secondo la Casa Bianca «adesso tocca al Congresso» agire, dopo la sentenza della Corte Suprema che di fatto ha esentato una società for profit controllata da una famiglia cristiana dal pagamento della contraccezione di emergenza alle dipendenti. Lo ha detto il portavoce della Casa Bianca John Earnest. La Casa Bianca ha reagito con disappunto per la sentenza: «Il presidente Obama crede che le donne abbiano il diritto di scegliere da sole cosa è bene per la loro salute - ha indicato il portavoce Josh Earnest - Interferenze dei loro superiori, per qualsiasi motivo, religioso o altro, sono ingiuste».

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