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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2014 alle ore 07:32.
L'ultima modifica è del 02 luglio 2014 alle ore 10:25.

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L'arrivo della nave danese Ark Futura a Gioia Tauro (Ap)L'arrivo della nave danese Ark Futura a Gioia Tauro (Ap)

Accendere una radio (a batterie) e non recarsi sul luogo dell'incidente. Ci sono anche questi tra i comportamenti da adottare in caso qualcosa andasse storto nel trasbordo delle sostanze chimiche, allo stato liquido, nel porto di Gioia Tauro, come si legge nel piano di protezione civile diffuso dal Comune di San Ferdinando (21 pagine compresi i fumetti).

La speranza è che il trasporto (la nave danese Ark Futura è arrivata questa mattina intorno alle quattro nel porto di Gioia Tauro) delle quasi 600 tonnellate di agenti chimici a bordo della nave statunitense Cape Ray avvenga senza problema alcuno e, come previsto, si concluda entro le 24 ore al massimo. Ancor più delicata sarà la fase di neutralizzazione dei gas e delle sostanze (parte di quelle utilizzabili nel conflitto interno siriano del 2013) che dovrebbe avvenire per idrolisi entro tre mesi in acque internazionali a largo del Mediterraneo tra la Grecia e Malta. Lo smaltimento delle scorie invece sarà in un sito tedesco.

Il processo.
I contenitori stagni sono racchiusi in containers, che verranno scaricati sulla banchina e immediatamente caricati su un'altra nave che partirà per i luoghi di neutralizzazione. Le operazioni si svolgeranno sotto il costante monitoraggio delle squadre specializzate dei Vigili del fuoco e degli altri organi competenti e sotto la supervisione di ispettori internazionali. L'area interessata dalle operazioni, completamente inaccessibile, ricade esclusivamente all'interno del porto (fino ad un raggio di 1.096 metri).

Il costo.
L'operazione avrà un costo, visto che il porto resterà chiuso e non sarà effettuata alcuna attività ordinaria, i cui benefici ricadranno in gran parte sul terminalista Medcenter che dovrà dedicare il proprio tempo all'arrivo e alla partenza delle navi. «Abbiamo stipulato un regolare contratto con Unops – spiega al sole24ore.com Domenico Bagalà, amministratore delegato di Medcenter – che prevede un indennizzo stimato su numerosi parametri, a partire dalle ore impiegate, per finire con il numero e la difficoltà delle operazioni. Ovviamente c'è anche l'assicurazione e comunque, a pagare, sarà Opac. Il costo? Al massimo è stimabile in un milione di euro ma per previsioni più precise è meglio aspettare la conclusione delle operazioni».

Unops è l'Ufficio delle Nazioni unite per i servizi e i progetti, dedicato la perfezionamento e alla supervisione dei progetti e dei servizi forniti dalle agenzie dell'Onu. Il suo compito è quello di fornire appoggio logistico alle agenzie dell'Onu in operazioni delicate come lo sminamento, l'organizzazione di elezioni, la creazione di infrastrutture e, in questo caso, il trasbordo di sostanze chimiche. L'Opac è invece l'Organizzazione internazionale per la proibizione delle armi chimiche e ha sede all'Aja, nei Paesi Bassi. E i lavoratori che andranno in cassa integrazione chi li paga? «Bisognerà vedere che margine rimane» conclude Bagalà.

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