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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2014 alle ore 10:52.
L'ultima modifica è del 01 luglio 2014 alle ore 15:14.

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Shinzo Abe (Reuters)Shinzo Abe (Reuters)

TOKYO - Svolta storica a Tokyo: il Giappone non è più un Paese ultrapacifista. La maggioranza parlamentare ha dato il via libera all'approvazione da parte del Gabinetto di una modifica interpretativa delle norme costituzionali, al fine di consentire alle Forze di Autodifesa la cosiddetta "difesa collettiva" in alcune circostanze. In pratica, le forze armate giapponesi potranno sparare non più solo in caso di attacco diretto al territorio nazionale o a loro stesse, ma anche in difesa di alleati sotto attacco e anche senza una minaccia immediata e diretta all'arcipelago.

Saranno anche allentati i limiti alle attività militari giapponesi nel corso delle operazioni di "peacekeeping" sotto egida Onu e in circostanze di "area grigia" (incidenti non assimilabili a una vera e propria guerra).
Il Partito Liberaldemocratico guidato dal premier Shinzo Abe ha esercitato forti pressioni sul riluttante alleato di maggioranza New Komeito, che dopo molte esitazioni ha accettato di supportare il nuovo approccio interpretativo alla Costituzione ultrapacifista introdotta sotto l'occupazione americana.
Per i sostenitori del nuovo corso, si tratta da un lato del riconoscimento di un diritto alla difesa collettiva riconosciuto dall'Onu a tutti i Paesi del mondo; dall'altro di una evoluzione necessaria alla luce del peggioramento del contesto di sicurezza regionale e globale. Del resto, gli Stati Uniti appoggiano la nuova linea in quanto in favore di un ruolo più attivo del Giappone sullo scacchiere regionale.

Per lo schieramento degli oppositori, si tratta di un grave vulnus costituzionale che apre la strada alla partecipazione di Tokyo a ogni futura guerra americana in stile Irak o Afghanistan. Pechino ha già fatto sapere che considera la svolta come una riprova dell'approccio nazionalista e aggressivo del Giappone di Abe alla politica internazionale, in grando di aggravare le tensioni in Asia. Il quotidiano Asahi nei giorni scorsi ha citato l'esempio dell'Italia, che pur avendo un articolo 11 simile all'articolo 9 della Costituzione giapponese (principio di rinuncia alla guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali), di fatto ha finito per partecipare direttamente a operazioni belliche all'estero persino al di fuori del contesto Nato. Come dire che, quando si aprono certe possibilità, non si sa mai fin dove i governi possano spingere il Paese.

L'abrogazione del divieto di difesa collettiva è il cambiamento più importante assegnato alle Forze di Autodifesa e arriva proprio nel giorno del sessantesimo compleanno della loro istituzione (in teoria la Costituzione giapponese vieta le forze armate, che per questo si chiamano ancora Forze di Autodifesa). Migliaia di persone si sono radunate ieri e oggi nelle vicinanze della residenza del premier per protestare in difesa della Costituzione. Domenica scorsa un uomo si è dato fuoco nei pressi della stazione di Shinjuku dopo aver gridato con un megafono la sua opposizione all'interpretazione elastica dell'articolo 9. Con l'approvazione da parte del Gabinetto, la nuova politica nella Difesa è varata e sarà formalizzata attraverso misure legislative. All'atto pratico, sarà tutta da verificare la sua concreta portata.

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