Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2014 alle ore 09:19.
L'ultima modifica è del 10 luglio 2014 alle ore 17:54.

My24

Verdini a fronda Fi: accordi con Renzi vanno rispettati
Nel pomeriggio è stata convocata una riunione del gruppo Forza Italia a palazzo Madama sulle riforme, in attesa dell'incontro dei gruppi con Berlusconi martedì. E in molti hanno insistito sul Senato elettivo. Il senatore Giacomo Caliendo ha presentato una proposta di modifica al testo della relatrice Finocchiaro (110 senatori eletti su base regionale contestualmente all'elezione dei consigli regionali, 42 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali). Mentre 22 "frondisti" (capeggiati da Augustro Minzolini) hanno chiesto il rinvio dell'incardinamento in Aula «allo scopo di ottenere il risultato unitario» sulla composizione del nuovo Senato. Ma Denis Verdini, secondo quanto riferito da alcuni parlamentari azzurri presenti, si sarebbe rivolto ai senatori di Fi sottolineando che vanno rispettati gli accordi sulle riforme presi da Silvio Berlusconi e Matteo Renzi all'ultimo incontro a Palazzo Chigi.

Presentato emendamento su Senato non elettivo
La relatrice Anna Finocchiaro (Pd) ha presentato ieri in Commissione l'emendamento sulle modalità di nomina indiretta dei senatori. Un emendamento dal quale l'altro relatore Roberto Calderoli ha tolto oggi la firma. Il testo prevedeva che i senatori non vengano eletti dai cittadini bensì dai consigli regionali, fra i propri componenti e (nella misura di uno) fra i sindaci del territorio, in base a un criterio di proporzionalità rispetto alla consistenza dei gruppi politici. Per eleggere il nuovo Senato, ogni consigliere regionale può votare per una sola lista di candidati, formata da consiglieri regionali e da un sindaco, collegati ad altrettanti candidati supplenti. I componenti del nuovo Senato saranno in tutto 100: 95 scelti dalla regioni e 5 nominati dal Presidente della Repubblica. Forza Italia chiedeva una maggiore proporzionalità del numero dei senatori rispetto alla consistenza demografica delle diverse regioni. Per far questo è stato deciso anche di abbassare da 3 a 2 il numero minimo di senatori per ciascuna regione, così da premiare quelle più popolose, a partire dalla Lombardia.

Nuovo quorum per eleggere il capo dello Stato
Tra gli emendamenti approvati invece ieri pomeriggio c'è un emendamento che modifica il quorum necessario ad eleggere il presidente della Repubblica. La modifica prevede nei primi quattro scrutini un quorum di due terzi, che si abbassa a tre quinti nei successivi quattro e scende dalla nona votazione in poi alla maggioranza assoluta. L'attuale articolo 83 della Costituzione prevede invece per i primi tre scrutini la maggioranza dei due terzi e dal quarto in poi quella assoluta. Per quanto riguarda la platea dei 'grandi elettori', saranno i 730 parlamentari: i 630 deputati e i nuovi 100 senatori. Spariscono quindi i delegati delle regioni.

Ottocentomila firme per il referendum abrogativo
Via libera anche a un emendamento che porta da 500mila a 800 mila (ma i relatori aveva previsto un milione) il numero delle firme necessarie per proporre un referendum abrogativo. Il quorum diviene "mobile", legato com'è alla partecipazione alle ultime elezioni politiche. Per essere considerato valido basterà la partecipazione del 50% più uno dei votanti alle ultime elezioni alla Camera. Oggi invece è necessaria la metà più uno degli aventi diritto.

Malumori in Fi, martedì Berlusconi incontra i gruppi
La fronda di Fi non ha però intenzione di retrocedere. Dopo che Finocchiaro ha depositato in commissione l'emendamento sul Senato di secondo grado, Augusto Minzolini ha depositato un subemendamento che invece rilancia il senato elettivo eletto a suffragio universale. Fonti parlamentari, vicine al senatore azzurro, spiegano che quella di Minzolini per ora è un'iniziativa personale in commissione ma che in aula in trenta, dentro Fi sono già pronti a sottoscrivere un emendamento analogo da far votare la prossima settimana. E ieri Silvio Berlusconi ha trascorso la giornata al telefono per placare il caos all'interno del suo partito e la tensione dei frondisti azzurri, indisponibili a votare il testo delle riforme che domani approderà nell'aula di palazzo Madama. Alla fine di fronte al rischio di una sommossa, l'ex premier ha dovuto cedere al pressing del suo partito e convocare per martedì della prossima settimana una nuova riunione congiunta con tutti i parlamentari.

Il timing del governo
Certo, quello del Senato è solo il primo dei quattro passaggi previsti dalla Costituzione per le modifiche alla Carta. Ma il dato politico importante per il premier è che il patto del Nazareno con Berlusconi per ora regge, e dopo il primo sì del Senato tutto sarà in discesa perché il tentativo dei dissidenti e dei grillini di aprire una crepa nel muro dell'intesa (che oltre a Fi tiene anche la Lega) sarà politicamente fallito. Fare presto è per il premier necessità vitale proprio per battere sul tempo i "frenatori" vari, anche perché qualche ritocco alla Camera è messo nel conto dal governo. E questo comporterà un altro passaggio in Senato prima della pausa di tre mesi prevista per la seconda doppia lettura delle Camere. Il sogno di Renzi è concludere l'esame entro dicembre 2014 o gennaio 2015, un traguardo possibile solo non mollando mai la presa.


Shopping24

Dai nostri archivi