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Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2014 alle ore 17:39.
L'ultima modifica è del 18 luglio 2014 alle ore 17:42.

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All'inizio di maggio il premier portoghese ha annunciato l'uscita - senza ulteriori supporti - dal programma di salvataggio avviato nel maggio del 2011 quando per evitare il default, Lisbona aveva concordato con Unione europea, Fondo monetario e Bce un prestito di 78 miliardi di euro. «Abbiamo avuto ottime risposte dal mercato, abbiamo fatto enormi progressi nel risanamento di bilancio, e abbiamo riconquistato la nostra credibilità. Le nostre riserve finanziarie ci garantiscono un anno di tranquillità e protezione da qualsiasi turbolenza», aveva detto il leader portoghese, ottenendo il via libera formale dell'Eurogruppo e gli elogi del direttore del Fondo, Christine Lagarde.

Il Portogallo è forse il Paese che ha assecondato con maggiore diligenza - nonostante qualche turbolenza politica interna - le indicazioni della Commissione europea e del Fondo. Il governo di Lisbona con pesanti misure di austerity ha dimezzato il deficit pubblico dal 9,8% al 4,9% in tre anni (anche se il debito è schizzato al 130% del Pil), arrivando nel 2013 al surplus corrente, il primo degli ultimi vent'anni. Passos Coelho ha seguito la Spagna nella riforma del mercato del lavoro introducendo nuove regole per dare maggiore flessibilità ai contratti e ridurre i costi delle imprese in difficoltà. Ha inoltre portato avanti il piano di privatizzazioni raggiungendo nel 2013 l'obiettivo fissato con Bruxelles per un incasso complessivo di 5,5 miliardi di euro. I rendimenti sui titoli del debito portoghese anche ieri oscillavano introno al 3,7% lontanissimi dai massimi superiori al 18% toccati nel gennaio del 2012.
Mentre la Commissione europea nelle ultime stime diffuse indica per Lisbona una crescita del Pil pari all'1,2% quest'anno e all'1,5% nel 2015. «Anche il mercato del lavoro mostra segni di stabilizzazione e si prevede che il tasso di disoccupazione scenda al 15,4% quest'anno e poi al 14,8% nel 2015», scrive la Commissione Ue.

Tuttavia, come dimostra la crisi del Banco Espirito Santo, l'economia portoghese rimane fragile, esposta agli attacchi della speculazione finanziaria. «Persiste inoltre - spiegano all'Fmi - una notevole difficoltà delle piccole e medie imprese ad avere accesso al credito. E questo nonostante le banche siano state ricapitalizzate e si siano stabilizzate le sofferenze». Quali sono le conseguenze della crisi dell'Espirito Santo sui conti pubblici portoghesi e sulla tenuta del governo di Passos Coelho?
«Il governo ha una situazione di cassa relativamente tranquilla», spiegano Antonio Garcia Pascual e Fabio Fois di Barclays. «A fronte di un fabbisogno lordo stimato in circa 13 miliardi di euro per il 2014, Lisbona può contare su un una posizione di cassa in miglioramento e oggi leggermente superiore ai 20 miliardi di euro», dicono ancora i due analisti che prevedono una ripresa molto graduale e difficoltà sul debito pubblico ma si aspettano, sul fronte politico, che il governo di coalizione proceda nella sua azione «senza particolari atriti fino alle elezioni che si terranno probabilmente nell'estate del prossimo anno».

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