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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2014 alle ore 17:12.

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Nel volgere di un anno la metamorfosi fu impressionante: dove prima c'erano solo cumuli di terra, macerie e qualche rudere, furono eretti centinaia di grandi tendoni neri, stradine fangose e un brulicare di commercianti e oscuri faccendieri. E tanti tubi, alimentatori, camion, auto, carretti trainati dai muli.

Una volta avviati i contatti, bastava una visita a Rafah per assistere a uno spettacolo suggestivo. Il ventre della terra partoriva di tutto: anche bestiame vivo, cammelli, cavalli. Non c'era merce che non poteva arrivare, su ordinazione, dal vicino Egitto: lavastoviglie, sigarette, benzina, medicinali, computer cinesi, viagra, automobili smantellate e poi riassemblate. E naturalmente, al riparo da occhi indiscreti, armi, tante armi.
Un'intera economia che viveva grazie ai tunnel. Un indotto impressionante, quasi 35mila lavoratori, con un giro di affari che copriva il 95% dell'intero commercio di Gaza. Lavorare nei tunnel era l'ambizione di molti palestinesi. Per chi era disposto a fare la "talpa", scavando per 12 ore al giorno nella terra sabbiosa, l'attività era remunerativa. I 50 giovani operai rimasti uccisi nel 2008 per un improvviso cedimento, ma anche dai gas immessi nei tunnel dalle guardie di frontiera egiziane, erano considerati un rischio del mestiere. A Gaza, si giustificavano, si è abituati alla morte, perché la vita può terminare in modo violento da un momento all'altro, in diversi modi.

Agli occhi di Hamas l'industria del contrabbando era un'occasione troppo ghiotta per farsela sfuggire. Era la valvola di sfogo per aggirare l'embargo israeliano e la chiusura del valico con l'Egitto. Ma anche per importare armi sofisticate attraverso le sue gallerie segrete. Hamas non si fece scappare l'occasione. Con il suo noto pragmatismo, anziché combatterli regolò i tunnel ricavandone un grande vantaggio. Nella primavera del 2008 era tutto piuttosto semplice. Volete diventare un imprenditore del contrabbando? Occorre fare regolare denuncia alla municipalità. Di Hamas naturalmente. Poi pagare una tassa di circa 2mila euro e infine assicurare l'adozione di alcun "standard di sicurezza". I costi per scavare un tunnel variavano dai 6mila fino ai 150-200mila euro. Erano tempi d'oro, quando il movimento islamico poteva raccogliere in tasse sui beni contrabbandati e licenze per i tunnel quasi un milione di dollari al giorno.

Un periodo che durò poco. Su pressioni degli alleati internazionali di Israele, già nel 2010 il presidente egiziano Hosni Mubarak cercò di combattere l'industria dei tunnel. Ma senza troppa convinzione. La svolta avvenne dopo la primavera araba. Nell'estate del 2013, la destituzione e il successivo arresto del presidente egiziano Mohammed Morsi, uno dei leader dei fratelli Musulmani, fu un colpo brutale per il movimento islamico di Gaza. La guerra personale tra l'Egitto dei militari, guidato dal generale al-Sisi, contro la Fratellanza musulmana fu estesa anche al suo maggiore alleato, Hamas.
Nella parte egiziana di Rafah, a fine luglio le forze egiziane avevano già distrutto l'80'% dei tunnel che contrabbandavano merci e armi. Non contento l'esercito capì che per assestare un duro colpo occorreva distruggere le case in cui erano nascosti i cunicoli. Ne rase al suolo parecchie. Nel marzo del 2014 dei quasi 2mila tunnel ai confini con l'Egitto ne erano rimasti poco più di una decina.
Senza la sua arteria, l'economia di Gaza ha cominciato così ad annaspare.

L'esercito egiziano ora non esita ad ingaggiare scontri sa fuoco con i beduini del Sinai per fermare il traffico di armi attraverso i pochi tunnel rimasti. .
Per Israele il compito è più difficile. I tunnel segreti di Hamas sono difficili da individuare proprio perché sono più profondi, lunghi, e nascosti, spesso in case civili nel cuore di Gaza. Solo un'operazione di terra è in grado di individuarli e distruggerli. Finora ne sarebbero stati fatti saltare una ventina. Ma secondo gli esperti sarebbero molti di più. E più sofisticati.

Visibilmente soddisfatto, nel 2008 Mamun, un contrabbandiere di Rafah ci fece visitare il suo nuovo tunnel. Era molto più lungo degli altri, l'entrata in una stanzetta della sua abitazione privata, una di quelle migliaia di edifici anonimi in cemento di Rafah . Quasi introvabile. «È un gioiello», sottolineava. «Trenta metri sotto terra, rivestimento in cemento armato, fondo illuminato a giorno, ascensore per emergere e non una carrucola. Impianti di aerazione». Eppure nulla rispetto a quelli segreti degli Ezzedin al Qassam, il braccio armato di Hamas. Questi sono la punta di diamante della "creatività palestinese". Chi li aveva visti raccontava che ogni galleria aveva diversi accessi. Non solo era collegata ad altre gallerie tramite corridoi trasversali in modo da continuare l'attività anche quando una parte del tunnel è crollata. Erano forniti di elettricità, impianti di aerazione con generatori di emergenza e linee telefoniche.
Sono questi i tunnel che i miliziani di Hamas stanno utilizzando per fare incursioni in Israele. Una minaccia che Gerusalemme non può permettersi di tollerare.

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