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Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2014 alle ore 07:32.
L'ultima modifica è del 08 agosto 2014 alle ore 13:15.

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Funerali dopo un attentato a una chiesa cattolica in Iraq (Epa)Funerali dopo un attentato a una chiesa cattolica in Iraq (Epa)

New York - Un discorso alla nazione per annunciare una nuova missione militare irachena. Barack Obama, nella notte, ha parlato agli americani che ancora ricordano amaramente i conflitti in Iraq e Afghanistan, per spiegare di aver autorizzato il Pentagono a un nuovo intervento nel Paese mediorientale, anche se solo con bombardamenti e senza invii di truppe. E per dichiarare che gli Stati Uniti hanno lanciato immediatamente anche un'azione umanitaria volta a scongiurare quello che ha definito senza mezzi termini come "un genocidio": stanno paracadutando aiuti, compresa acqua e cibo, a decine di migliaia di iracheni di minoranze etniche rimasti intrappolati in zone montagnose dalla violenta avanzata degli estremisti islamici dell'Isil, che Obama non ha esitato a definire "terroristi" e "barbari".

«Nei giorni scorsi un iracheno ha inveito che nessuno viene in loro aiuto - ha detto Obama dalla Casa Bianca - Ebbene, oggi l'America sta arrivando». E ha continuato: «Ho autorizzato attacchi aerei mirati se necessario per aiutare le forze irachene. E non c'è alcuna decisione che prendo più seriamente dell'uso della forza militare». Il presidente, cosciente dei rischi, ha poi precisato che dopo aver completato il ritiro delle truppe da Baghdad nel 2011 gli Stati Uniti «non si faranno trascinare in un'altra guerra in Iraq».

Le prime mosse, quelle di natura umanitaria, sono scattate senza indugi. Una settantina di contenitori d'acqua e pranzi pronti sono stati recapitati, da aerei cargo C-130 e C-17 scortati da caccia, a 40.000 membri della minoranza curda degli Yazidis, che hanno trovato rifugio nelle montagne dell'area di Sinjar e stanno letteralmente morendo di fame e di sete. All'Onu il Consiglio di Sicurezza si è riunito d'urgenza e, prendendo atto della tragedia, ha espresso "profonda indignazione" per le centinaia di migliaia di iracheni, soprattutto di minoranze etniche e religiose (tra le quali ci sono comunità cristiane), perseguitati dagli estremisti islamici.

La decisione di Obama è arrivata al termine di una giornata ad altissima tensione, con i consiglieri del presidente che hanno a lungo considerato come calibrare un maggior impegno americano davanti ai crescenti successi di Isil, che intende creare un califfato islamico in regioni tra la Siria e l'Iraq. I militanti di Isil hanno ieri conquistato la più grande diga irachena, a poca distanza da Mosul nel nord del paese. E la stessa capitale della regione semi-autonoma curda, Erbil, difesa dalle milizie etniche dei Peshmerga, è oggi seriamente minacciata, con le forze islamiche a meno di trenta minuti di distanza. Una sua caduta avrebbe conseguenze catastrofiche per l'Iraq. I Peshmerga, 190.000 guerriglieri, vantano una lunga tradizione di combattenti ma oggi appaiono male armati e hanno subito rovesci per mano di Isil perdendo il controllo di numerosi centri abitati. Gli Stati Uniti, oltretutto, hanno personale diplomatico e consiglieri militari a Erbil e l'autorizzazione ai possibili bombardamenti è anche intesa a proteggere questa presenza.

Il Pentagono ha tuttavia smentito che i primi attacchi aerei statunitensi siano già avvenuti, almeno fino a giovedì notte, nonostante voci in questo senso circolate sui media curdi. Alcune azioni sono state condotte dall'aviazione irachena. Per un intervento più ampio a fianco delle forze irachene la Casa Bianca ha finora atteso l'arrivo di un nuovo governo centrale a Baghdad che prenda il posto della compagine dello screditato Nouri al-Maliki, formando un esecutivo più aperto e considerato in grado di ricucire le fratture nel paese tra sciiti e sunniti moderati che hanno facilitato le vittorie di Isil.

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